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lunedì 6 luglio 2015

Investitori retail al riparo da prodotti «complessi»

Quando la trasparenza non basta più. Da ieri gli intermediari finanziari, sia italiani che esteri operanti in Italia, devono comunicare alla Consob (il periodo riservato alla comunicazione è il mese di luglio) se intendono adeguarsi o meno alla comunicazione dello scorso dicembre sui prodotti complessi. L’effetto di questa comunicazione è che ai piccoli risparmiatori, i clienti retail degli intermediari, i prodotti complessi non potranno essere più proposti oppure, per chi intenda farlo, solo con molti accorgimenti.
I prodotti di investimento finanziario di cui si sconsiglia la vendita ai clienti retail sono indicati in un elenco (allegato alla comunicazione di dicembre 2014) tra cui, spiega Consob, ci sono: «le cartolarizzazioni, gli strumenti convertibili a discrezione dell’emittente, gli strutturati, i credit linked». Si tratta però di un elenco solo esemplificativo. Inoltre vengono dati dei criteri per evitare conflitti di interesse (tra cui l’eliminazione dei premi ai dipendenti che possono generarli), l’indicazione che siano elaborati prodotti finanziari “idonei” per la clientela sin dalla fase della loro ideazione. Peraltro nei giorni scorsi la Consob ha dato delle risposte a quesiti arrivati nei mesi scorsi dal mercato. Con queste, spiega l’avvocato Luca Zitiello: «si chiarisce tra l’altro che la comunicazione Consob non si applica alle Sgr che prestano la sola attività di gestione collettiva senza svolgimento dell’attività di distribuzione di servizi di quote proprie o di terzi, mentre rileva il servizio di gestione individuale nel caso in cui abbia ad oggetto prodotti complessi, anche se, considerata la delega al gestore professionale implicita nel servizio, non assumeranno rilevanza i singoli prodotti complessi acquistati in gestione, ma la “complessità” del servizio svolto».
Quanto all’industria del risparmio, Marco Tofanelli, segretario generale di Assoreti, spiega: «Quella di Consob è una comunicazione di product governance, volta ad impedire che in futuro, con la Mifid 2, si debbano fare interventi di product intervention, volti a vietare un prodotto di investimento. L’importante è che la Consob abbia precisato che non si tratta del divieto di collocamento di alcuni prodotti, ma dell’adozione di presidi aggiuntivi perché il piccolo risparmiatore sia informato e perché i prodotti siano nel suo interesse». Del resto al Salone del Risparmio, lo scorso mese di marzo, Tiziana Togna, responsabile della divisione Intermediari della Consob aveva spiegato: «Una lettura della comunicazione come atto contenente non divieti ma raccomandazioni forti è la lettura corretta del documento».
Gli intermediari entro il 30 giugno hanno dovuto scegliere, con una decisione del consiglio di amministrazione (o di gestione) secondo quali modalità adeguarsi alla comunicazione. Dal punto di vista formale si tratta di un intervento interpretativo dell’Authority di vigilanza in attuazione della Mifid1. Un più ampio potere di intervento e governance sui prodotti, la Consob lo avrà dal 2017, con l’entrata in vigore della Mifid 2. Tuttavia già in una situazione analoga in passato (la comunicazione sui prodotti illiquidi del 2009) l’adesione era stata praticamente totalitaria. E anche stavolta il sentiment che si registra informalmente in Consob è che l’adesione sarà alta. Del resto l’Authority farà in futuro dei controlli risk based sugli intermediari e non chi non si adegua sarà considerato a più alto rischio.
Per i clienti degli intermediari che non dovessero adeguarsi non sarà però il far west (ammesso che questa sia la situazione legata alla distribuzione di questi prodotti). Occorrerà infatti che siano rigidamente rispettate tutte le norme vigenti (valide anche per chi si adegua) sulla profilatura Mifid del cliente, sulla diversificazione degli investimenti secondo soglie dimensionali (ovvero non si potranno investire tutti i risparmi di un pensionato in un prodotto complesso, così come in uno che usa la leva finanziaria). Inoltre deve esserci una delibera del consiglio di amministrazione, la comunicazione alla Consob di questa decisione e al cliente del fatto che il prodotto proposto non è ritenuto a lui adatto dall’autorità di controllo.
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Antonio Criscione


rassegna stampa : Il sole24 ore 2 luglio 2015