Con @gorà ci si propone di realizzare un luogo dove promuovere riflessioni, giudizi, iniziative sui temi del lavoro a partire dalle conseguenza prodotte dalla crisi in atto.
lo scenario
L' attuale crisi finanziaria in atto non solo ha stravolto ogni regola del mercato ma rischia di produrre altra povertà, mettendo in pericolo la coesione sociale nelle Nazioni, e la pacifica convivenza tra i popoli.
La situazione economica non solo del nostro paese vede progressivamente una drastica riduzione della ricchezza non solo dei ceti medi, tale aggravamento ed aumento della povertà infatti è conseguenza dell'attuale spostamento di risorse finanziarie da lavoro e reddito alla rendita, dalle famiglie e dalle imprese agli speculatori finanziari.
Le rovine sociali prodotte dall'attuale crisi economica sono rappresentate dal crescente ed inesorabile impoverimento delle famiglie, a causa della perdita di lavoro e con il conseguente aumento dei disoccupati. Inoltre la perdurante estromissione delle giovani generazioni dal poter intraprendere una qualsiasi attività produttiva ed imprenditoriale, con la perdurante negazione dell'accesso al credito, sono conseguenza della degenerazione del mercato consumistico capitalistico, che con la crescente precarizzazione di intere classi sociali impongono inevitabilmente sia la diminuzione delle politiche sociali di welfare e sia la contrazione dell'assistenza e dei relativi ammortizzatori sociali sin qui esistenti.
Tutto ciò è conseguenza della attuale crisi dei mercarti finanziari: dove l'applicazione di regole econometriche imposte dal capitalismo radicale strozza l'economia reale.
Ed è quello che sta accadendo, dove i mercati finanziari ogni giorno attraverso grandi banche, hedge found, fondi sovrani bruciano immani risorse finanziarie sottraendole alle famiglie ed alle imprese spostando immani ricchezze dal lavoro alla rendita. La speculazione diventa così il cannone di una guerra invisibile tesa a a scardinare la coesione sociale di popoli interi e Nazioni. Questo perchè si è stravolto il senso, il compito e la finalità delle banche che non assolvono più al compito della intermediazione del credito, ma sempre di pù speculano le proprie risorse in investimenti finanziari ad alto rischio ed alta rendita.
la mancanza delle regole:
La presente crisi è figlia di due atteggiamenti sin qui perseguiti dalla mancata riforma della finanza. che si spiega non solo con la potenza delle lobby bancarie, quanto quella della persistenza delle mentalità. Si pensa che i mercati finanziari siano in grado di autoregolarsi, con le crisi descritte come eventi eccezionali, che, prima o poi, passano. Al contrario la crisi è nata perchè non si sono voluti più regolamentare e controllare i mercati, perchè si è affermata l'idea che il mercato si sappia autoregolamentare e di conseguenza anche i mercati finanziari. Ma l'aggravarsi della crisi ed il suo perdurare nel tempo smentisce tutto ciò.
la sudditanza della politica:
con l'affermazione della tesi che la politica debba uscire dalle banche perchè se no queste sono "clientelari" e che la finanza ed i mercati si autoregolamentino da soli, ha prodotto la caduta dei necessari controlli. Con l'uscita di ogni controllo sulla finanza da parte della politica si conclude il processo della "privatizzazione" del credito, e della relativa erogazione dello stesso.
Le banche diventate totalmente private, e definite "unicamente": imprese non sono più collegate da alcun vincolo al territorio di riferimento, non solo il mercato del credito cambia totalmente aspetto e finalità con la nascita delle grandi banche. Le banche scollegate da vincoli e lontane dal territorio rastrellano la liquidità, raccolgono e speculano in manovre finanziarie, non impiegano più il denaro per finanziare le aziende e le famiglie, speculano sulle commodities, fanno trader, costruiscono obbligazioni spazzatura. Tutto questo unicamente per fare utili, per fare "soldi", il sistema finanziario viene "stressato" da politiche manageriali irresponsabili.
Le banche diventate totalmente private, e definite "unicamente": imprese non sono più collegate da alcun vincolo al territorio di riferimento, non solo il mercato del credito cambia totalmente aspetto e finalità con la nascita delle grandi banche. Le banche scollegate da vincoli e lontane dal territorio rastrellano la liquidità, raccolgono e speculano in manovre finanziarie, non impiegano più il denaro per finanziare le aziende e le famiglie, speculano sulle commodities, fanno trader, costruiscono obbligazioni spazzatura. Tutto questo unicamente per fare utili, per fare "soldi", il sistema finanziario viene "stressato" da politiche manageriali irresponsabili.
l'approfondimento:
dalla Laborem Exercens
Laborem exercens
dalla Laborem Exercens
L'importanza dei sindacatiSulla base di tutti questi diritti, insieme con la necessità di assicurarli da parte degli stessi lavoratori, ne sorge ancora un altro: vale a dire, il diritto di associarsi, cioè di formare associazioni o unioni, che abbiano come scopo la difesa degli interessi vitali degli uomini impiegati nelle varie professioni. Queste unioni hanno il nome di sindacati. Gli interessi vitali degli uomini del lavoro sono fino ad un certo punto comuni per tutti; nello stesso tempo, però, ogni tipo di lavoro, ogni professione possiede una propria specificità, che in queste organizzazioni dovrebbe trovare il suo proprio riflesso particolare.I sindacati trovano la propria ascendenza, in un certo senso, già nelle corporazioni artigianali medioevali, in quanto queste organizzazioni univano tra di loro uomini appartenenti allo stesso mestiere e, quindi, in base al lavoro che effettuavano. Al tempo stesso, però, i sindacati differiscono dalle corporazioni in questo punto essenziale: i moderni sindacati sono cresciuti sulla base della lotta dei lavoratori, del mondo del lavoro e, prima di tutto, dei lavoratori industriali, per la tutela dei loro giusti diritti nei confronti degli imprenditori e
dei proprietari dei mezzi di produzione. La difesa degli interessi esistenziali dei lavoratori in tutti i settori, nei quali entrano in causa i loro diritti, costituisce il loro compito. L'esperienza storica insegna che le organizzazioni di questo tipo sono un indispensabile elemento della vita sociale, specialmente nelle moderne società industrializzate. Ciò, evidentemente, non significa che soltanto i lavoratori dell'industria possano istituire associazioni di questo tipo. I rappresentanti di ogni professione possono servirsene per assicurare i loro
rispettivi diritti. Esistono, quindi, i sindacati degli agricoltori e dei lavoratori di concetto; esistono pure le unioni dei datori di lavoro. Tutti, come già è stato detto, si dividono ancora in successivi gruppi o sottogruppi, secondo le particolari specializzazioni professionali.La dottrina sociale cattolica non ritiene che i sindacati costituiscano solamente il riflesso dellastruttura «di classe» della società e che siano l'esponente della lotta di classe, che inevitabilmente governa la vita sociale. Sì, essi sono un esponente della lotta per la giustizia sociale, per i giusti diritti degli uomini del lavoro a seconda delle singole professioni. Tuttavia, questa «lotta» deve essere vista come un normale adoperarsi «per» il giusto bene: in questo caso, per il bene che corrisponde alle necessità e ai meriti degli
uomini del lavoro, associati secondo le professioni; ma questa non è una lotta «contro» gli altri. Se nelle questioni controverse essa assume anche un carattere di opposizione agli altri, ciò avviene in considerazione del bene della giustizia sociale, e non per «la lotta», oppure per eliminare l'avversario. Il lavoro ha come sua caratteristica che, prima di tutto, esso unisce gli uomini, ed in ciò consiste la sua forza sociale: la forza di costruire una comunità. In definitiva, in questa comunità devono in qualche modo unirsi tanto coloro che lavorano,
quanto coloro che dispongono dei mezzi di produzione, o che ne sono i proprietari. Alla luce di questa fondamentale struttura di ogni lavoro - alla luce del fatto che, in definitiva, in ogni sistema sociale il «lavoro» e il «capitale» sono le indispensabili componenti del processo di produzione - l'unione degli uomini per assicurarsi i diritti che loro spettano, nata dalle necessità del lavoro, rimane un fattore costruttivo di ordine sociale e di solidarietà, da cui non è possibile prescindere.I giusti sforzi per assicurare i diritti dei lavoratori, che sono uniti dalla stessa professione, devono sempre tener conto delle limitazioni che impone la situazione economica generale del paese. Le richieste sindacali non possono trasformarsi in una specie di «egoismo» di gruppo o di classe, benché esse possano e debbano tendere pure a correggere - per riguardo al bene comune di tutta la società - anche tutto ciò che è difettoso nel sistema di proprietà dei mezzi di produzione o nel modo di gestirli e di disporne. La vita sociale
ed economico-sociale è certamente come un sistema di «vasi comunicanti», ed a questo sistema deve pure adattarsi ogni attività sociale, che ha come scopo quello di salvaguardare i diritti dei gruppi particolari.In questo senso l'attività dei sindacati entra indubbiamente nel campo della «politica», intesa questa come una prudente sollecitudine per il bene comune. Al tempo stesso, però, il compito dei sindacati non è di «fare politica» nel senso che comunemente si dà oggi a questa espressione. I sindacati non hanno il carattere di «partiti politici» che lottano per il potere, e non dovrebbero neppure essere sottoposti alle decisioni dei partiti politici o avere dei legami troppo stretti con essi. Infatti, in una tale situazione essi perdono facilmente
il contatto con ciò che è il loro compito specifico, che è quello di assicurare i giusti diritti degli uomini del lavoro nel quadro del bene comune dell'intera società, e diventano, invece, uno strumento per altri scopi.Parlando della tutela dei giusti diritti degli uomini del lavoro a seconda delle singole professioni, occorre naturalmente aver sempre davanti agli occhi ciò che decide circa il carattere soggettivo del lavoro in ogni professione, ma al tempo stesso, o prima di tutto, ciò che condiziona la dignità propria del soggetto del lavoro. Qui si dischiudono molteplici possibilità nell'operato delle organizzazioni sindacali, e ciò anche nel loro impegno di carattere istruttivo, educativo e di promozione dell'auto-educazione. Benemerita
è l'opera delle scuole, delle cosiddette «università operaie» e «popolari», dei programmi e corsi di formazione, che hanno sviluppato e tuttora sviluppano proprio questo campo di attività. Si deve sempre auspicare che, grazie all'opera dei suoi sindacati, il lavoratore possa non soltanto «avere» di più, ma prima di tutto «essere» di più: possa, cioè, realizzare più pienamente la sua umanità sotto ogni aspetto.Adoperandosi per i giusti diritti dei loro membri, i sindacati si servono anche del metodo dello «sciopero», cioè del blocco del lavoro, come di una specie di ultimatum indirizzato agli organi competenti e, soprattutto, ai datori di lavoro. Questo è un metodo riconosciuto dalla dottrina sociale cattolica come legittimo alle debite condizioni e nei giusti limiti. In relazione a ciò i lavoratori dovrebbero avere assicurato il diritto allo sciopero, senza subire personali sanzioni penali per la partecipazione ad esso. Ammettendo
Ioannes Paulus PP. IIche questo è un mezzo legittimo, si deve contemporaneamente sottolineare che lo sciopero rimane, in un certo senso, un mezzo estremo. Non se ne può abusare; non se ne può abusare specialmente per giochi «politici». Inoltre, non si può mai dimenticare che, quando trattasi di servizi essenziali alla convivenza civile, questi vanno, in ogni caso, assicurati mediante, se necessario, apposite misure legali. L'abuso dello sciopero può condurre alla paralisi di tutta la vita socio-economica, e ciò è contrario alle esigenze del bene comune della società, che corrisponde anche alla natura rettamente intesa del lavoro stesso.
Laborem exercens