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lunedì 20 luglio 2015

Bernanke le canta alla Germania (e all'Europa)

Ben Bernanke è un professore che dovrebbe essere ascoltato con più attenzione della quasi totalità degli altri economisti (e non parliamo dei politici), per una ragione molto semplice: dal 2006 al 2014 è stato uno degli uomini più potenti del mondo, essendo stato per due mandati presidente della Fed, e in quel ruolo è stato determinante per affrontare la grande crisi che - come si ricorderà - è esplosa proprio negli Usa. Determinante e molto efficace. Ha cioè dimostrato con i fatti che non è uno studioso che si trastulla con teorie astratte: le sue teorie le ha messe in pratica e hanno funzionato, incomparabilmente meglio di quelle adottate - e pervicacemente tuttora perseguite - dai politici e tecnocrati europei.
Bernanke ha scritto sul suo blog un articolo su Grecia ed Europa. Ne consigliamo la lettura non perché contenga novità sconvolgenti, ma proprio per il contrario: l'economista ripete una serie di ragionamenti che sono esattamente gli stessi che ormai da qualche anno economisti e opinionisti critici oppongono alle politiche disastrose imposte dall'asse Berlino-Bruxelles (con la complicità, sia pure a volte riluttante, di Francoforte).
Leggete l'articolo perché è molto chiaro e privo di astrusità. I punti essenziali sono comunque questi:
- I risultati economici europei sono "deludenti" (elegante eufemismo); le cause sono una politica monetaria che ha tardato a intervenire e politiche di bilancio restrittive;
- Nel 2009 la disoccupazione in Usa ed Europa era al 10%, oggi là è al 5,3, da noi oltre l'11; ma questa è una media, perché in Germania è meno del 5, nel resto d'Europa Germania esclusa più del 13;
Disocc Usa-Ue
- La Germania beneficia della moneta unica, che non si apprezza come avverrebbe se fosse solo nazionale, e grazie (anche) a questo gode di un boom dell'export. Ma il suo enorme surplus commerciale è "insano", riduce la domanda e la crescita per i partner e sposta solo su di loro tutto il peso degli aggiustamenti necessari, rendendo inevitabile una riduzione dei salari e degli altri costi. La Germania dovrebbe "spendere a casa sua", il che sarebbe anche nel suo interesse oltre a ridurre i rischi di rottura dell'euro;
- Questo è ciò che serve,mentre le "riforme strutturali" sono una boiata pazzesca (mia libera traduzione) perché semmai hanno effetto nel lungo periodo, mentre intanto c'è la disoccupazione di massa. Per di più, in passato c'erano anche più rigidità strutturali, ma l'Europa non aveva una performance pessima come ora.
- Due proposte pratiche: 1) Alla Grecia dovrebbe essere permesso di alleggerire gli obiettivi di bilancio, altrimenti non tornerà mai a crescere; 2) L'Europa affronti il problema degli squilibri dei conti esteri, che in una zona a moneta unica comportano "significativi costi e rischi", con l'obbligo di aggiustamento sia per i paesi debitori che per quelli creditori. (A Bernanke è sfuggito che questo obbligo esiste già, contenuto nel MIP - Macroeconomic imbalance procedure, in vigore addirittura dal 2011, che imporrebbe di prendere misure adeguate ai paesi in deficit oltre il 4% del Pil o in surplus oltre il 6; un'asimmetria che si spiega solo con il fatto che già allora il surplus tedesco era appunto del 6%. Ma la Germania di questa regola se ne infischia, tanto non sono previste sanzioni, e nessuno si azzarda a fargliela rispettare).
Bernanke dice anche un'altra cosa, di non secondaria importanza. Dice che tutto questo mette a rischio il progetto europeo. Noi che non dobbiamo essere così diplomatici diciamo invece che, con queste politiche e con il trattamento-Grecia, l'Europa (e non solo l'euro) ha un solo futuro: la disgregazione.
Le cose che dice Bernanke sono le stesse che ha detto negli ultimi cinque mesi Yanis Varoufakis, che è un economista di valore, e per le quali si è guadagnato dai membri dell'Eurogruppo le simpatiche definizioni di "perditempo" e "dilettante". Le stesse che il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schäuble si rifiutato persino di ascoltare. Non avranno ora più successo perché le ha scritte Bernanke. Ma deve essere chiaro che le ricette europee non hanno nulla a che fare con l'economia, sono solo il frutto dei vantaggi che la Germania e alcuni suoi alleati traggono dall'attuale situazione e di scelte politiche reazionarie.

rassegna stampa: la repubblica 18 luglio 2015