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UN LABORATORIO DI PENSIERO E RIFLESSIONE FATTO DAI LAVORATORI:
il diario della crisi

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venerdì 31 luglio 2015

Calano gli occupati a giugno, i senza lavoro salgono al 12,7%

l mese scorso ci sono stati 22mila occupati in meno rispetto a maggio. Nella Ue, peggio solo Grecia (25,6%), Spagna (22,5%), Cipro (16,2%) e Croazia (15,3%). Il tasso di disoccupazione tra i giovani è schizzato di 1,9 punti al 44,2%, record dal 1977. Nota positiva dal calo degli inattivi: 131mila in meno sul giugno 2014

 MILANO - L'estate non ha portato bene al mercato del lavoro italiano: a giugno si sono registrati 22 mila occupati in meno rispetto a maggio (-0,1%) e 40 mila in meno rispetto allo stesso mese del 2014 (-0,2%). Lo rileva l'Istat nei dati provvisori sull'andamento del mercato del lavoro. Si tratta del secondo calo congiunturale degli occupati dopo quello di maggio (-0,3%). Ad aprile, invece, c'era stata una crescita dello 0,6%. A crescere è invece il tasso di disoccupazione, che aggiunge 0,2 punti percentuali rispetto al mese precedente, arrivando al 12,7%, dopo il calo nel mese di aprile (-0,2 punti percentuali) e la stazionarietà di maggio.
L'Istituto spiega che il numero di disoccupati aumenta dell'1,7% (+55 mila) su base mensile. Nei dodici mesi il numero di disoccupati è aumentato del 2,7% (+85mila) e il tasso di disoccupazione di 0,3 punti percentuali. Sul dato, però, si fa sentire anche la diminuzione della popolazione inattiva, che è di per sé una buona notizia: più gente cerca lavoro e - non trovandolo - fa aumentare statisticamente il numero di disoccupati.
A giugno, rileva ancora l'Istat, "dopo la forte crescita registrata nel mese di aprile (+0,6%) e il calo nel mese di maggio (-0,3%), gli occupati diminuiscono dello 0,1% (-22mila) rispetto al mese precedente. Il tasso di occupazione, pari al 55,8%, cala nell'ultimo mese di 0,1 punti percentuali. Rispetto a giugno 2014, l'occupazione è in calo dello 0,2% (-40mila), mentre il tasso di occupazione rimane invariato".
Ancora, l'Istat specifica che calo dell’occupazione registrato a giugno riguarda i più giovani. Gli occupati 15-24enni diminuiscono del 2,5% rispetto a maggio (-22 mila). Il tasso di occupazione giovanile, pari al 14,5%, diminuisce di 0,3 punti percentuali rispetto al mese precedente. Di c ontro aumenta su base mensile il numero di giovani disoccupati (+5,2%, pari a +34 mila). L’incidenza dei giovani disoccupati tra 15 e 24 anni sul totale dei giovani della stessa classe di età è pari all’11,5% (cioè poco più di un giovane su 10 è disoccupato). Tale incidenza aumenta nell’ultimo mese di 0,6 punti percentuali. Il tasso di disoccupazione dei 15-24enni, cioè la quota di giovani disoccupati sul totale di quelli attivi (occupati e disoccupati) è pari al 44,2%, in aumento di 1,9 punti percentuali rispetto al mese precedente: si tratta del livello più alto dall'inizio delle serie storiche nel 1977.

Tornando ai dati generali, il numero di individui inattivi tra i 15 e i 64 anni diminuisce nell’ultimo mese (-0,1%, pari a -18 mila), riprendendo il calo cominciato a inizio anno e interrotto a maggio. Il tasso di inattività, pari al 35,9%, diminuisce di 0,1 punti percentuali rispetto a maggio. Su base annua gli inattivi sono diminuiti dello 0,9% (-131 mila persone) e il tasso di inattività di 0,2 punti. "L'aumento del numero di disoccupati negli ultimi 12 mesi è pertanto associato ad una crescita della partecipazione al mercato del lavoro, testimoniata dalla riduzione del numero di inattivi", specifica l'Istat. Rispetto ai tre mesi precedenti, nel periodo aprile-giugno 2015 sono in crescita sia il tasso di occupazione (+0,1 punti percentuali) sia il tasso di disoccupazione (+0,1 punti), a fronte di un calo del tasso di inattività (-0,2 punti).

I dati sul lavoro sono arrivati anche da Eurostat: a giugno nella zona euro il tasso di disoccupazione è rimasto stabile all'11,1% rispetto a maggio mentre è calato rispetto a un anno prima quando si era attestato all'11,6%. Nella Ue il tasso di disoccupazione a giugno era al 9,6%, lo stesso livello di maggio e in calo rispetto al 10,2% di un anno prima. L'Italia è il quinto Paese Ue in cui la disoccupazione è più elevate, preceduta da Grecia (25,6%), Spagna (22,5%), Cipro (16,2%) e Croazia (15,3%). Per il ministro Giuliano Poletti, "i numeri di giugno confermano che siamo di fronte a dati soggetti a quella fluttuazione che caratterizza una fase in cui la ripresa economica comincia a manifestarsi". Per il premier Matteo Renzi "c'è molto da fare, ma i dati da inizio anno restano positivi. Il dato complessivo dell'occupazione continua ad avere aspetti positivi e negativi". Per il presidente del Consiglio, "è tutto comprensibile: col Jobs Act abbiamo stimolato l'occupazione, fatto un grandissimo investivmento, ma sappiamo che l'occupazione è l'ultima cosa che riparte dopo un periodo di crisi: prima ripartono la produzione industriale, i consumi, il Pil".

rassegna stampa: la Repubblica 31 luglio 2015 
http://www.repubblica.it/economia/2015/07/31/news/disoccupazione_giugno_2015_istat-120164723/?ref=HREC1-2

martedì 28 luglio 2015

Lavoro in nero, quasi sei imprese su dieci irregolari

Il 59 per cento delle imprese ispezionate dal Ministero del Lavoro era in posizione irregolare. Scoperte 18mila persone nel semestre. Sospese 3.873 società per l'utilizzo di personale non dichiarato in misura pari o superiore al 20% di quello presente al momento dell'accesso

Lavoro in nero, quasi sei imprese su dieci irregolari   MILANO - Contestati illeciti a più di 40 mila aziende, riscontrate irregolarità nel 59% delle imprese ispezionate e contestato l'impiego di oltre 18 mila lavoratori in 'nero'. Questo il bilancio dell'attività ispettiva del Ministero del lavoro nei primi sei mesi.

L'esame dei dati evidenzia che l'azione degli ispettori del Ministero è proseguita, nel periodo in questione, coerentemente con la quantificazione degli obiettivi e con l'individuazione delle linee prioritarie di intervento definite nel Documento di programmazione della vigilanza per l'anno 2015, presentato in occasione della Commissione Centrale di coordinamento dell'attività di vigilanza presieduta dal Ministro.

I risultati conseguiti nel primo semestre confermano, infatti, una costante ed incisiva azione ispettiva, che sull'intero territorio nazionale ha registrato 75.890 accessi ispettivi, cui vanno aggiunti 3.882 accertamenti in materia di Cassa Integrazione Straordinaria, di Cassa Integrazione in deroga, di Contratti di Solidarietà e di Patronati.

Con specifico riferimento all'attività di vigilanza, il Ministero informa che l'esito delle verifiche definite nel periodo in discussione ha fatto registrare la contestazione di illeciti a carico di 40.449 aziende, con un tasso di irregolarità di circa il 59% delle imprese ispezionate, con un sensibile aumento rispetto al primo semestre dell'anno precedente. Tale ultimo dato conferma, pertanto, l'efficacia della attività di intelligence svolta dagli organi di coordinamento, mirata alla individuazione di obiettivi e settori particolarmente nevralgici nei confronti dei quali orientare la vigilanza.

Più nel dettaglio, in occasione delle verifiche ispettive è stato contestato l'impiego di 18.215 lavoratori "in nero" e sono state sospese 3.873 aziende per l'utilizzo di personale non dichiarato in misura pari o superiore al 20% di quello presente al momento dell'accesso. Altre rilevanti violazioni riscontrate nel periodo da gennaio a giugno 2015 hanno riguardato l'accertamento di fenomeni interpositori e appalti illeciti (3.416 lavoratori) e comportato la riqualificazione di rapporti di lavoro fittizi (3.834).

Inoltre, sono state contestate numerose infrazioni in materia di orario di lavoro (4.499), con un sensibile aumento, rispetto al corrispondente semestre dell'anno 2014 e in materia di salute e sicurezza sul lavoro, con 13.330 violazioni prevenzionistiche riscontrate. Si segnala, inoltre, il notevole incremento delle irregolarità, di natura penale, relative alla tutela delle lavoratrici madri e all'impiego di lavoratori extracomunitari clandestini. Per quanto concerne l'attività degli Istituti, l'Inps registra, nei primi sei mesi dell'anno, 20.718 imprese ispezionate, di cui 17.268 irregolari.

L'Istituto ha inoltre accertato la presenza di 9.481 lavoratori "in nero" ed una contribuzione non versata pari ad euro 484.323.372. L'Inail ha invece effettuato 10.241 ispezioni, di cui 9.019 hanno evidenziato delle irregolarità. I lavoratori "in nero" accertati sono stati 3.698 mentre i premi non versati ammontano ad euro 45.477.238. Seppure, rispetto ad alcuni dati del 2014, l'attività degli Istituti, in particolare dell'INPS, registri in termini assoluti una leggera contrazione, rimane alto il rapporto tra accessi ispettivi e imprese irregolari, a testimonianza della efficacia dell'azione di vigilanza. Per il periodo estivo, la Direzione generale per l'Attività Ispettiva ha predisposto un potenziamento dell'attività di vigilanza nei luoghi di maggior

concentrazione turistica - tra i quali si segnalano la riviera romagnola, ligure, il Salento, il Cilento e la Costa Smeralda - al fine di garantire un adeguato livello di tutele nei confronti dei lavoratori impiegati in attività stagionali e di scongiurare possibili fenomeni di dumping.

rassegna stampa: la Repubblica 28 luglio 2015
http://www.repubblica.it/economia/2015/07/28/news/lavoro_in_nero_nel_primo_semestre_scoperte_18mila_persone-119979984/?ref=HRLV-6 

 

Giù la fiducia di consumatori e imprese a luglio

Il calo è stato più forte per la fiducia dei consumatori, con l'indice sceso a 106,5 da 109,3 di giugno. Peggiora sia l'attesa per la propria situazione che - soprattutto - per l'economia del Paese. Per le imprese la diminuzione della fiducia è stata più lieve

Giù la fiducia di consumatori e imprese a luglio     MILANO - Diminuisce la fiducia di consumatori e imprese a luglio. Secondo le rilevazioni Istat, il calo è stato più forte per la fiducia dei consumatori, con l'indice sceso a 106,5 da 109,3 di giugno, mentre per le imprese la diminuzione della fiducia è stata lieve, con l'indice calato a 104,3 da 104,7 di giugno. Peggiorano le attese, tra gli italiani privati cittadini, sia per quanto riguarda la situazione personale che - soprattutto - per l'economia nel suo complesso.

Consumatori. Diminuiscono tutte le componenti del clima di fiducia dei consumatori. Variazioni più marcate si rilevano per il clima economico e per quello futuro, che passano rispettivamente a 127,9 da 138,6 e a 114,6 da 119,2. Il clima personale e quello corrente diminuiscono in maniera più contenuta attestandosi rispettivamente, a 99,5 da 100,0 e a 101,7 da 103,3.

I saldi dei giudizi e delle attese dei consumatori sull'attuale situazione economica del Paese peggiorano passando rispettivamente a -69 da -57 e a -4 da 9. Il saldo relativo ai giudizi sull’andamento dei prezzi passa a -17 da -21, mentre quello riferito alle attese rispetto ai prossimi 12 mesi passa a -22 da -20. Il saldo sulle attese di disoccupazione aumenta a 28 da 10 dello scorso mese.

Imprese. L'indice del clima di fiducia delle imprese scende a luglio a 104,3 da 104,7 di giugno. L'Istituto di statistica lo definisce un calo lieve. A luglio restano più fiduciose le imprese dei servizi di mercato (indice in aumento a 110 da 109,2) e quello delle imprese del commercio al dettaglio mentre scende a 103,6 da 103,9 l'indice delle imprese manifatturiere e a 117,6 da 119,7 quello delle costruzioni.

Nelle imprese manifatturiere, migliorano i giudizi sugli ordini (a -12 da -13 il saldo), mentre le attese di produzione rimangono stabili (a 11); il saldo dei giudizi sulle scorte di magazzino passa a 3 da 2. Nelle costruzioni peggiorano sia i giudizi sugli ordini e/o piani di costruzione (a -34 da -33) sia le attese sull'occupazione (a -11 da -9). Nelle imprese dei servizi migliorano i giudizi e  le attese sugli ordini (a 7 da 4 e a 9 da 5, i rispettivi saldi)

ma peggiorano le attese sull'andamento generale dell'economia (a 12 da 18). Nel commercio al dettaglio migliorano i giudizi sulle vendite correnti (a 16 da 7) mentre peggiorano le attese sulle vendite future (a 21 da 23); in accumulo sono giudicate le giacenze di magazzino (a 10 da 5).

rassegna stampa: la Repubblica  28 luglio 2015
http://www.repubblica.it/economia/2015/07/28/news/fiducia_consumatori_industrie_istat-11995924/?ref=HREC1-27 

 

domenica 26 luglio 2015

Il patrimonio della Santa Sede sale di 1,1 miliardi

È di oltre 1,1 miliardi la quota del patrimonio della Santa Sede che fino ad oggi era gestita extra-bilancio: al netto delle passività lo stock scende a 939 milioni. La cifra è emersa dal bilancio consolidato 2014 della Santa Sede, diffuso ieri dalla Segreteria per l’Economia, guidata dal cardinale George Pell, che è una sorta di “ministro delle finanze” da un anno e mezzo e che con il Sole 24 Ore ha commentato ieri il processo di cambiamento in atto, del quale «il Papa è sempre ben informato».
Fu proprio Pell che lo scorso dicembre parlò in un’intervista di queste somme gestite (”centinaia di milioni”) extra-bilancio da alcuni dicasteri vaticani - una decina, ha rivelato ieri - scatenando una mini-bufera dentro i Sacri Palazzi: le sue parole furono interpretate come la rivelazione-shock di una sorta di tesoretto nascosto o addirittura di “fondi neri”. Niente di tutto questo, come precisò anche il portavoce padre Lombardi: si tratta di disponibilità per fini istituzionali, conosciute, contabilizzate (allora con modalità diverse) e quindi perfettamente lecite, ma che ora sono state inserite in bilancio. La Santa Sede a livello consolidato nel 2014 ha registrato un deficit di 25,6 milioni, molto vicino al deficit di 24,4 nel 2013: anche per il 2015 è previsto che la Santa Sede chiuda in deficit. Le principali entrate del 2014, oltre agli investimenti, includono i contributi dalle diocesi del mondo (21 milioni, in particolare da Usa e Germania) e il contributo dello Ior (50 milioni).
«Il lavoro di cambio nelle finanze vaticane verso la trasparenza e l’adozione di standard internazionali è irreversibile: incontra ancora dei piccoli centri di resistenza ma la grande maggioranza delle persone che lavorano in questo campo sono d'accordo» ha detto Pell. Il processo di razionalizzazione delle finanze vaticane va quindi avanti, non senza difficoltà e cambi di direzione improvvisi, come accaduto la scorsa estate: il prossimo passo dovrebbe essere la scomparsa della Prefettura per gli Affari Economici, ora senza presidenza dopo l’uscita del cardinale Versaldi, le cui competenze sono in assorbimento sia dalla Prefettura che dal Revisore Generale: Pell non fa previsioni ma pensa che entro la fine 2015 il processo potrebbe essere perfezionato. Intanto la Segreteria ha avuto mandato dal Consiglio per l’Economia, guidato dal cardinale Reinhard Marx, di avviare un comitato di studio sugli investimenti finanziari della Sanata Sede: si tratterà, ha spiegato il porporato australiano - coadiuvato dal direttore del dicastero Danny Casey, professionista laico che lavorava con lui nella gestione della diocesi di Sidney - di creare dei benchmark sugli standard internazionali: «Tra poco inizieremo questo lavoro». Ma come sono i rapporti dentro la Curia, visto che da tempo era stato rivelato che i rapporti di Pell con altri porporati non erano sempre semplici? «Con il Segretario di Stato cardinale Pietro Parolin ho un buon livello di cooperazione, sostanziale, e anche con mons. Paul Gallagher (il nuovo “ministro degli esteri”, inglese ed ex nunzio in Australia, ndr) andiamo d’accordo. Certo, ci sono altri con cui i livelli di cooperazione sono più timidi...». Come negli anni precedenti, la spesa più significativa è il costo del personale per 126,6 milioni, con 2.880 dipendenti distribuiti tra i 64 Enti del perimetro di consolidamento.
In utile il Governatorato della Città del Vaticano - l’amministrazione dello Stato - grazie ai Musei vaticani e agli investimenti azzeccati: il Bilancio evidenzia un avanzo di 63,5 milioni con un miglioramento significativo rispetto al 2013 (33 milioni), La Segreteria precisa come il 2014 sia stato un anno di transizione verso le nuove politiche di Financial Management basate sui principi contabili Internazionali per il settore pubblico (Ipsas). «I Bilanci 2014 - riafferma il dicastero di Pell - sono il frutto di una enorme quantità di lavoro da parte del personale di molti enti della Santa Sede, in particolare della Prefettura degli Affari Economici e della Segreteria per l’Economia, ed i membri del Consiglio hanno espresso la loro gratitudine tanto per il lavoro rigoroso e professionale, come per il forte impegno profuso nell’implementazione delle riforme finanziarie approvate dal Santo Padre».

rassegna stampa: Il Sole 24 Ore 17 luglio 2015
 http://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2015-07-17/il-patrimonio-santa-sede-sale-11-miliardi-063821.shtml?uuid=ACG2v5S

A Londra il boom (sinistro) delle carte di credito

«Venghino, signori...». Traducetelo in inglese e invece di un giostraio immaginatevi un giovane venditore di carte di credito. È più o meno quanto sta accadendo in Gran bretagna a dar retta agli allarmi di Moody’s che torna a battere sul tasto di sempre: l’indebitamento delle famiglie nel Regno di Elisabetta. Storia che si ripete in un Paese assiso su un debito pubblico largamente sotto controllo (70% circa del Pil), ma su una montagna di pagherò firmati da munifici padri di famiglia. A peggiorare le cose s’è messa la congiuntura economica fatta di solida crescita e tassi a zero che spingono verso shopping sfrenato. Se è vero che questo scenario sostiene i consumi interni, è anche vero che spesso si regge sul debito. «La spesa dei consumatori – ha notato Moody’s in un rapporto sul Regno Unito appena diffuso – ha superato i livelli raggiunti prima della crisi, mentre l’indebitamento non garantito ha una dinamica molto superiore a quella salariale... I tassi attuali mascherano la realtà illudendo i cittadini: tutto sembra sostenibile, ma le conseguenze di lungo periodo sono molto negative».

Dal 2012 ad oggi l’indebitamento senza garanzie ai cittadini del Regno è cresciuto del 7%, un fenomeno strettamente collegato al boom di carte di credito su un mercato popolato da nuovi attori pronti a sfidare i tradizionali giganti del settore. Capita così che siano offerte condizioni di credito sempre più vantaggiose per agevolare il cosiddetto “surfing”, ovvero il passaggio da una carta a un’altra. Dodici mesi fa si offrivano due anni di credito senza interessi, oggi se ne offrono tre, invogliando sempre di più i consumatori a cambiare gestore, accumulando il debito. «Il problema – insistono a Moody’s – si crea al termine del periodo interest free. Se non è stato pagato il montante accumulato cominciano a maturare gli interessi su cifre crescenti».

Una spirale alla greca nelle finanze di casa propria? Qualcosa di vagamente simile, nonostante l’ampia approssimazione. Ragionamento che non si stempera nella previsione condivisa dalla maggior parte degli economisti convinti che, nonostante tutto, i “fallimenti” privati – fenomeno endemico nel Regno Unito – non aumenteranno. Un contesto di piena occupazione e di salari ora ritornati in crescita, aiuta. Ma non basta per fugare i timori espressi anche dalla Banca d’Inghilterra. Dopo mesi di attesa, il governatore Mark Carney, ha dato una nuova indicazione di rialzo dei tassi in tempi ragionevoli. Un altolà all’indebitamento personale che il numero uno della BoE ha reso del tutto esplicito invitando le famiglia «a gestire le proprie finanze» in vista dell’aumento del costo del danaro.

rassegna stampa: il Sole 24 Ore 17 luglio 2015
http://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2015-07-17/a-londra-boom-sinistro-carte-credito-063827.shtml?uuid=ACz5v5S

giovedì 23 luglio 2015

Risparmio in crescita, cala però il ceto medio


La crisi, in sei anni, si è “mangiata” quasi un terzo del ceto medio italiano. Per lo meno guardando alle sue capacità di spesa e, soprattutto, di risparmio: rappresentava il 57,1% degli italiani nel 2007, oggi è sceso al 38,5%, perdendo così il primato della classe quantitativamente più significante della popolazione italiana. Perché «si è bloccato l’ascensore sociale», come ha dichiarato ieri il presidente del Centro Einaudi Salvatore Carrubba, presentando a Torino la consueta indagine sul risparmio realizzata dal centro con Intesa Sanpaolo, anche se - dati alla mano - l’impressione è che l’ascensore funzioni, ma alla rovescia. E se fino a inizio anni 2000 portava al ceto medio chi stava nei piani più bassi, negli ultimi anni ha accompagnato alla porta chi stava e metà strada. E vale soprattutto per i più giovani, visto che il 64% dei 18-24enni del ceto medio percepisce le sue condizioni come peggiori rispetto a quelle dei genitori, una quota che scende via via che si sale nell’età ma non cambia comunque di senso;?la stessa risposta, infatti, vale per il 42% dei 25-34enni, il 29% dei 35-44enni e addirittura il 4% degli over65.

Come a dire che per trovare chi stava peggio di noi bisogna andare indietro, molto indietro nel tempo.
La ricerca effettuata dal team coordinato da Giuseppe Russo, elaborando oltre mille interviste ad altrettante famiglie italiane, anche quest’anno traduce in numeri e grafici quel senso di sfiducia che ancora aleggia sull’Italia, provata dalla crisi più pesante del dopoguerra. Ma il peggio è passato, Intesa - come ha ricordato il chief economist Gregorio De Felice - prevede che il 2015 si chiuda con un Pil in crescita dello 0,6-0,7%, un trend destinato a raddoppiare l’anno successivo, e anche di questo allentamento, pur graduale, della pressione si vede traccia evidente nell’indagine. Che mostra, ad esempio, come la propensione al risparmio sia tornata a salire su ritmi sostenuti: i risparmiatori “intenzionali” salgono infatti dal 22,4 al 24,7% del totale, cui si aggiunge un 19% di risparmiatori “non intenzionali”. D’altronde, complice il rally dei mercati e le decisioni della Bce il 2014 «ha visto una rivalutazione media dei portafogli pari al 9%», ha sottolineato Russo, aggiungendo che altri 3 punti di crescita sono arrivati tra gennaio e aprile. Risultato: l’anno scorso le famiglie italiane in media hanno messo da parte l’11,6% del proprio reddito.
Cresce il risparmio e continuano a cambiare le abitudini, anche se in questo caso i trend sono gli stessi già registrati in passato, e la velocità con cui si impongono i nuovi strumenti resta contenuta. Così, mentre da un lato si riduce dal 30 al 24,2% la quota di chi investe con un orizzonte limitato a un anno, l’82,7% dei risparmiatori-investitori dedica meno di un’ora alla settimana per informarsi sui propri investimenti, che per più della metà del campione sono dettati dalle indicazioni della banca, mentre tra gli altri in un caso su due sono ispirati dalle chiacchiere con amici, famigliari o colleghi. Il mercato obbligazionario resta il più battuto (il 44,2% ha comprato bond nell’ultimo anno), anche se sale vicino al 20% la quota di chi si avvale dei diversi strumenti del risparmio gestito, che nell’87,4% dei casi vede i clienti molto o abbastanza soddisfatti. Marginale, seppur in crescita di quasi un punto, il peso della borsa: il 5,1% ha infatti comprato azioni a Piazza affari negli ultimi 12 mesi.

Uno scenario, questo, dove per le banche si aprono praterie: servizi di consulenza, prodotti mirati, disintermediazione. Soprattutto ora che «la crisi è veramente finita, e si ricomincia a pensare in positivo», come ha detto il presidente del Consiglio di Gestione di Intesa Sanpaolo, Gian Maria Gros-Pietro: sollevata la cappa di sfiducia, anche il ceto medio, pur dimagrito, si dice pronto a cambiare auto (nel 9% dei casi) o a ristrutturare la casa (nel 7%), riavviando così quel motore dei consumi decisivo per alimentare a sua volta la ripresa. A maggior ragione se «il governo dovesse alleggerire la tassazione sulla casa», ha ricordato ancora Gros-Pietro, «dove rimane concentrata la metà della ricchezza degli italiani». Meno tasse, quindi, uguale più reddito disponibile. E ragionevolmente più consumi.

rassegna stampa: il sole 24 ore -  22 luglio 2015
Marco Ferrando
http://www.assinews.it/articolo_stampa_oggi.aspx?art_id=31529