Quello deciso dal Consiglio dei ministri è il primo
salvataggio bancario con le nuove regole europee ma senza l'adozione del
bail in (le disposizioni in questo campo in Italia entrano in vigore
solo il primo gennaio prossimo). «La soluzione adottata assicura la
continuità operativa delle banche e il loro risanamento, nell'interesse
dei territori in cui esse sono insediate; tutela i risparmi di famiglie e
imprese investiti nella forma di depositi, conti correnti e
obbligazioni ordinarie, preserva tutti i rapporti di lavoro in essere;
non utilizza denaro pubblico».

Così Governo e Banca d'Italia hanno spiegato il senso
dell'intervento di risanamento. Questo ha richiesto un decreto del
Consiglio dei ministri per creare ex novo (ma con il benestare della
Commissione europea e quello della Bce) le 4 banche-ponte che lunedì
mattina aprono i battenti al posto delle vecchie quattro banche, da
tempo in amministrazione straordinaria e che sono state messe in
liquidazione coatta amministrativa. Si tratta, come si sa, di Banca
Marche, Banca popolare dell'Etruria e del Lazio, Cassa di risparmio di
Ferrara e Carichieti, aziende che nel complesso hanno una quota di
mercato pari all'uno per cento dei depositi. Per ciascuna delle quattro
banche infatti la parte “buona” è stata separata da quella cattiva del
bilancio e tutti gli asset cattivi, vale a dire le attività in
sofferenza di più dubbio realizzo, sono stati segregati in un'unica bad
bank. A ciascuna banca-ponte sono state conferite tutte le attività
diverse dai prestiti in sofferenza. E, a fronte di queste attività in
bonis, vi sono i depositi, i conti correnti e le obbligazioni ordinarie.
Il neonato Fondo di risoluzione (previsto dalle norme europee e
amministrato da Bankitalia) ha ricostituito il capitale delle 4
banche-ponte, che in totale è ora pari a 1,8 miliardi. Questi sono soldi
che verranno recuperati quando le banche ponte saranno vendute al
migliore offerente. Le banche- ponte, che saranno gestite sotto la
supervisione dell'unità di risoluzione della Banca d'Italia, saranno
presiedute da Roberto Nicastro (ex direttore generale di Unicredit).
Ma le uscite di cassa del Fondo di risoluzione, necessarie per
finanziare questa operazione, contemplano anche i fondi a copertura
delle perdite accumulate dalle quattro vecchie banche, che ammontano a
1,7 miliardi. Inoltre, circa 140 milioni servono per il capitale della
bad bank unica. Alle sofferenze è stato applicato un criterio
prudenziale molto rigoroso: dal loro valore originario di 8,5 miliardi
si è scesi a un valore di 1,5 miliardi. Questi attivi deteriorati dopo
essere stati certificati saranno poi venduti a specialisti nel recupero
crediti. In totale, quindi i soldi pronta cassa che affluiscono al fondo
di risoluzione sono circa 3,6 miliardi.
Chi paga per l'intera operazione? In primo luogo, non paga il
contribuente. L'intero onere del salvataggio viene posto innanzitutto a
carico degli azionisti e dei titolari delle azioni subordinate delle
quattro banche (anche se non si fa ricorso al bail in, e dunque non si
tirano in ballo i titolari di depositi superiori a 100 mila euro, viene
utilizzato comunque un criterio di burden sharing). Il carico
finanziario ricade però in prevalenza sul complesso del sistema bancario
italiano. Come? La liquidità necessaria al Fondo di risoluzione per
cominciare a operare è stata anticipata da tre grandi banche (Intesa-San
Paolo, Unicredit e Ubi-Banca) con un finanziamento a tassi di mercato e
scadenza massima di diciotto mesi. Ma l'intero sistema creditizio è
chiamato a contribuire al Fondo di risoluzione, con una rata annua di
600 milioni che può essere rinnovata altre 3 volte (ed entro il 31
dicembre 2015 questi altri introiti saranno conferiti). Banca d'Italia,
nel suo comunicato, fa infine un commento significativo: «Questa è la
soluzione compatibile con le norme sugli aiuti di Stato che è emersa
dopo che altre proposte erano state ritenute non compatibili durante le
discussioni con la Commissione europea. Infine, le autorità italiane
hanno adottato questa soluzione, che ha effetti immediati ed evita il
prolungamento dello stallo per le quattro banche, al fine di risolverne
la crisi».
rassegna stampa: il Sole 24 Ore 22 novembre 2015 di Rossella Bocciarelli
http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2015-11-22/quattro-banche-buone-e-cattiva-ecco-come-funziona-salvataggio-4-popolari-e-chi-paga-201122.shtml?uuid=ACYxwJfB