Così Governo e Banca d'Italia hanno spiegato il senso dell'intervento di risanamento. Questo ha richiesto un decreto del Consiglio dei ministri per creare ex novo (ma con il benestare della Commissione europea e quello della Bce) le 4 banche-ponte che lunedì mattina aprono i battenti al posto delle vecchie quattro banche, da tempo in amministrazione straordinaria e che sono state messe in liquidazione coatta amministrativa. Si tratta, come si sa, di Banca Marche, Banca popolare dell'Etruria e del Lazio, Cassa di risparmio di Ferrara e Carichieti, aziende che nel complesso hanno una quota di mercato pari all'uno per cento dei depositi. Per ciascuna delle quattro banche infatti la parte “buona” è stata separata da quella cattiva del bilancio e tutti gli asset cattivi, vale a dire le attività in sofferenza di più dubbio realizzo, sono stati segregati in un'unica bad bank. A ciascuna banca-ponte sono state conferite tutte le attività diverse dai prestiti in sofferenza. E, a fronte di queste attività in bonis, vi sono i depositi, i conti correnti e le obbligazioni ordinarie. Il neonato Fondo di risoluzione (previsto dalle norme europee e amministrato da Bankitalia) ha ricostituito il capitale delle 4 banche-ponte, che in totale è ora pari a 1,8 miliardi. Questi sono soldi che verranno recuperati quando le banche ponte saranno vendute al migliore offerente. Le banche- ponte, che saranno gestite sotto la supervisione dell'unità di risoluzione della Banca d'Italia, saranno presiedute da Roberto Nicastro (ex direttore generale di Unicredit).
Chi paga per l'intera operazione? In primo luogo, non paga il contribuente. L'intero onere del salvataggio viene posto innanzitutto a carico degli azionisti e dei titolari delle azioni subordinate delle quattro banche (anche se non si fa ricorso al bail in, e dunque non si tirano in ballo i titolari di depositi superiori a 100 mila euro, viene utilizzato comunque un criterio di burden sharing). Il carico finanziario ricade però in prevalenza sul complesso del sistema bancario italiano. Come? La liquidità necessaria al Fondo di risoluzione per cominciare a operare è stata anticipata da tre grandi banche (Intesa-San Paolo, Unicredit e Ubi-Banca) con un finanziamento a tassi di mercato e scadenza massima di diciotto mesi. Ma l'intero sistema creditizio è chiamato a contribuire al Fondo di risoluzione, con una rata annua di 600 milioni che può essere rinnovata altre 3 volte (ed entro il 31 dicembre 2015 questi altri introiti saranno conferiti). Banca d'Italia, nel suo comunicato, fa infine un commento significativo: «Questa è la soluzione compatibile con le norme sugli aiuti di Stato che è emersa dopo che altre proposte erano state ritenute non compatibili durante le discussioni con la Commissione europea. Infine, le autorità italiane hanno adottato questa soluzione, che ha effetti immediati ed evita il prolungamento dello stallo per le quattro banche, al fine di risolverne la crisi».
rassegna stampa: il Sole 24 Ore 22 novembre 2015 di Rossella Bocciarelli
http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2015-11-22/quattro-banche-buone-e-cattiva-ecco-come-funziona-salvataggio-4-popolari-e-chi-paga-201122.shtml?uuid=ACYxwJfB