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martedì 24 novembre 2015

Il rischio povertà non molla la presa, riguarda più di un italiano su quattro

I dati Istat: l'indicatore del rischio povertà o esclusione sociale rimane stabile rispetto al 2013. Diminuisce la quota di persone in famiglie "gravemente deprivate" (la stima passa dal 12,3% all'11,6%), ma viene compensata dall'aumento delle persone a bassa intensità lavorativa (dall'11,3% al 12,1%). Il 20% più ricco delle famiglie residenti in Italia percepisce il 37,5% del reddito totale, al 20% solo il 7,7%

Il rischio povertà non molla la presa, riguarda più di un italiano su quattro       MILANO - In Italia c'è più di una persona su quattro a rischio di povertà o esclusione sociale. E' quanto rileva l'Istat nello studio sulle condizioni di vita dell'anno scorso: si attesta al 28,3% la stima delle persone a rischio di povertà o esclusione sociale residenti in Italia, secondo la definizione adottata nell'ambito della strategia Europa 2020 e quindi la quota di cittadin che sperimenta almeno una delle seguenti condizioni: rischio di povertà (calcolato sui redditi 2013), grave deprivazione materiale e bassa intensità di lavoro (calcolata sul numero totale di mesi lavorati dai componenti della famiglia durante il 2013).

Nel dettaglio del 2014, le persone a rischio di povertà sono stimate pari al 19,4%, quelle che vivono in famiglie gravemente deprivate l'11,6%, mentre le persone appartenenti a famiglie dove l'intensità lavorativa è bassa rappresentano il 12,1%. L'indicatore del rischio povertà o esclusione sociale rimane stabile rispetto al 2013: la diminuzione della quota di persone in famiglie gravemente deprivate (la stima passa dal 12,3% all'11,6%) viene infatti compensata dall'aumento della quota di chi vive in famiglie a bassa intensità lavorativa (dall'11,3% al 12,1%); la stima del rischio di povertà è invece invariata. Per il secondo anno consecutivo, il calo della grave deprivazione è determinato dal fatto che scendono le quote di individui in famiglie che, se lo volessero, non potrebbero permettersi un pasto proteico adeguato ogni due giorni (dal 13,9% al 12,6%), una settimana di ferie all'anno lontano da casa (dal 51,0% al 49,5%) o una spesa imprevista pari a 800 euro (dal 40,2% al 38,8%).

La stima della grave deprivazione diminuisce soprattutto nel Mezzogiorno, tra i single e le coppie (soprattutto se anziani) e tra le coppie con un solo figlio, anche minore. Ancora grave la condizione dei genitori soli, delle famiglie con almeno tre minori o di altra tipologia, famiglie, queste ultime, che tra il 2013 e il 2014 hanno mostrato un ulteriore deterioramento della loro condizione (dal 15,9% al 20,2%). L'aumento della bassa intensità lavorativa ha riguardato, in particolare, gli individui in famiglie che vivono nel Mezzogiorno (la stima va dal 18,9% al 20,9%) o in famiglie numerose: coppie con figli (dall'8,3% al 9,7%), soprattutto minori (dal 7,5% all'8,9%), e famiglie con membri aggregati (dal 17,8% al 20,5%).

Sul fronte dei redditi, invece, la stima riferita al 2013 "mostra stabilità rispetto all'anno precedente. Le uniche informazioni disponibili sulla dinamica reddituale tra il 2013 e il 2014 sono quelle diffuse dalla contabilità nazionale e segnalano un leggero aumento in termini di ammontare e una sostanziale stabilità in termini pro-capite". Nel 2013, si stima che la metà delle famiglie residenti in Italia abbia percepito un reddito netto non superiore a 24.310 euro l'anno (circa 2.026 euro al mese); questo valore scende a 20.188 euro nel Mezzogiorno (circa 1.682 euro mensili). Le famiglie con tre o più percettori hanno un reddito mediano nel 2013 quasi triplo delle monoreddito (44.900 contro 16.690 euro), mentre quelle con fonte principale da lavoro dipendente dispongono di circa 10 mila euro in più di quelle che vivono prevalentemente di pensione o trasferimenti pubblici (29.527 contro 19.441 euro). Nel Mezzogiorno, ai più bassi livelli di reddito si associa anche una maggiore disuguaglianza: nel 2013, la stima dell'indice di Gini, pari a 0,296 a livello nazionale, nel Mezzogiorno si attesta a 0,305. Il 20% più ricco delle famiglie residenti in Italia percepisce il 37,5% del reddito totale, mentre al 20% più povero spetta solo il 7,7%.

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"I dati di oggi dell'Istat ci dicono quanto sia necessario investire nell'inclusione sociale e non abbassare la guardia nel contrasto alla povertà alimentare che riguarda ancora circa 6 milioni di cittadini in Italia - afferma il ministro per le Politiche Agricole Maurizio Martina  che sottolinea l'importanza del recupero degli sprechi alimentari-  Un impegno sul quale il governo ha messo in campo una strategia coordinata tra ministeri dell'Agricoltura e del Lavoro per garantire assistenza alimentare agli indigenti fino al 2020 attraverso il prezioso lavoro degli enti caritativi. Quest'anno abbiamo distribuito 100mila tonnellate di cibo e vogliamo ancora crescere anche grazie a un lavoro virtuoso sul fronte del recupero degli sprechi. Già oggi riusciamo a salvare e destinare a chi ne ha bisogno 550mila tonnellate di eccedenze alimentari, l'obiettivo è arrivare a 1 milione entro il 2016. Possiamo raggiungerlo con interventi mirati come quello che abbiamo introdotto con la legge di stabilità: ora è più conveniente per le imprese donare il cibo che sprecarlo, visto che abbiamo tagliato la burocrazia per le donazioni fino a 15mila euro. È importante poi arrivare a una rapida approvazione della legge contro gli sprechi che è ora in discussione in Parlamento, perché parliamo di un fenomeno che in Italia vale 12 miliardi di euro all'anno".
 

rassegna stampa: la Repubblica 23 novembre 2015
http://www.repubblica.it/economia/2015/11/23/news/redditi_istat_poverta_-127972246/