I dati Istat: l'indicatore del rischio povertà o esclusione sociale
rimane stabile rispetto al 2013. Diminuisce la quota di persone in
famiglie "gravemente deprivate" (la stima passa dal 12,3% all'11,6%), ma
viene compensata dall'aumento delle persone a bassa intensità
lavorativa (dall'11,3% al 12,1%). Il 20% più ricco delle famiglie
residenti in Italia percepisce il 37,5% del reddito totale, al 20% solo
il 7,7%
MILANO - In Italia c'è più
di una persona su quattro a rischio di povertà o esclusione sociale. E'
quanto rileva l'Istat nello studio sulle condizioni di vita dell'anno
scorso: si attesta al 28,3% la stima delle persone a rischio di povertà o
esclusione sociale residenti in Italia, secondo la definizione adottata
nell'ambito della strategia Europa 2020 e quindi la quota di cittadin
che sperimenta almeno una delle seguenti condizioni: rischio di povertà
(calcolato sui redditi 2013), grave deprivazione materiale e bassa
intensità di lavoro (calcolata sul numero totale di mesi lavorati dai
componenti della famiglia durante il 2013).
Nel dettaglio del 2014, le persone a rischio di povertà sono stimate
pari al 19,4%, quelle che vivono in famiglie gravemente deprivate
l'11,6%, mentre le persone appartenenti a famiglie dove l'intensità
lavorativa è bassa rappresentano il 12,1%. L'indicatore del rischio
povertà o esclusione sociale rimane stabile rispetto al 2013: la
diminuzione della quota di persone in famiglie gravemente deprivate (la
stima passa dal 12,3% all'11,6%) viene infatti compensata dall'aumento
della quota di chi vive in famiglie a bassa intensità lavorativa
(dall'11,3% al 12,1%); la stima del rischio di povertà è invece
invariata. Per il secondo anno consecutivo, il calo della grave
deprivazione è determinato dal fatto che scendono le quote di individui
in famiglie che, se lo volessero, non potrebbero permettersi un pasto
proteico adeguato ogni due giorni (dal 13,9% al 12,6%), una settimana di
ferie all'anno lontano da casa (dal 51,0% al 49,5%) o una spesa
imprevista pari a 800 euro (dal 40,2% al 38,8%).
La stima della grave deprivazione diminuisce soprattutto nel
Mezzogiorno, tra i single e le coppie (soprattutto se anziani) e tra le
coppie con un solo figlio, anche minore. Ancora grave la condizione dei
genitori soli, delle famiglie con almeno tre minori o di altra
tipologia, famiglie, queste ultime, che tra il 2013 e il 2014 hanno
mostrato un ulteriore deterioramento della loro condizione (dal 15,9% al
20,2%). L'aumento della bassa intensità lavorativa ha riguardato, in
particolare, gli individui in famiglie che vivono nel Mezzogiorno (la
stima va dal 18,9% al 20,9%) o in famiglie numerose: coppie con figli
(dall'8,3% al 9,7%), soprattutto minori (dal 7,5% all'8,9%), e famiglie
con membri aggregati (dal 17,8% al 20,5%).
Sul fronte dei redditi, invece, la stima riferita al 2013 "mostra
stabilità rispetto all'anno precedente. Le uniche informazioni
disponibili sulla dinamica reddituale tra il 2013 e il 2014 sono quelle
diffuse dalla contabilità nazionale e segnalano un leggero aumento in
termini di ammontare e una sostanziale stabilità in termini pro-capite".
Nel 2013, si stima che la metà delle famiglie residenti in Italia abbia
percepito un reddito netto non superiore a 24.310 euro l'anno (circa
2.026 euro al mese); questo valore scende a 20.188 euro nel Mezzogiorno
(circa 1.682 euro mensili). Le famiglie con tre o più percettori hanno
un reddito mediano nel 2013 quasi triplo delle monoreddito (44.900
contro 16.690 euro), mentre quelle con fonte principale da lavoro
dipendente dispongono di circa 10 mila euro in più di quelle che vivono
prevalentemente di pensione o trasferimenti pubblici (29.527 contro
19.441 euro). Nel Mezzogiorno, ai più bassi livelli di reddito si
associa anche una maggiore disuguaglianza: nel 2013, la stima
dell'indice di Gini, pari a 0,296 a livello nazionale, nel Mezzogiorno
si attesta a 0,305. Il 20% più ricco delle famiglie residenti in Italia
percepisce il 37,5% del reddito totale, mentre al 20% più povero spetta
solo il 7,7%.
Calcola se il tuo stipendio è ok
"I dati di oggi dell'Istat ci dicono quanto sia necessario investire
nell'inclusione sociale e non abbassare la guardia nel contrasto alla
povertà alimentare che riguarda ancora circa 6 milioni di cittadini in
Italia - afferma il ministro per le Politiche Agricole Maurizio Martina
che sottolinea l'importanza del recupero degli sprechi alimentari- Un
impegno sul quale il governo ha messo in campo una strategia coordinata
tra ministeri dell'Agricoltura e del Lavoro per garantire assistenza
alimentare agli indigenti fino al 2020 attraverso il prezioso lavoro
degli enti caritativi. Quest'anno abbiamo distribuito 100mila tonnellate
di cibo e vogliamo ancora crescere anche grazie a un lavoro virtuoso
sul fronte del recupero degli sprechi. Già oggi riusciamo a salvare e
destinare a chi ne ha bisogno 550mila tonnellate di eccedenze
alimentari, l'obiettivo è arrivare a 1 milione entro il 2016. Possiamo
raggiungerlo con interventi mirati come quello che abbiamo introdotto
con la legge di stabilità: ora è più conveniente per le imprese donare
il cibo che sprecarlo, visto che abbiamo tagliato la burocrazia
per le donazioni fino a 15mila euro. È importante poi arrivare a una
rapida approvazione della legge contro gli sprechi che è ora in
discussione in Parlamento, perché parliamo di un fenomeno che in Italia
vale 12 miliardi di euro all'anno".
rassegna stampa: la Repubblica 23 novembre 2015
http://www.repubblica.it/economia/2015/11/23/news/redditi_istat_poverta_-127972246/
@GORA' :
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UN LABORATORIO DI PENSIERO E RIFLESSIONE FATTO DAI LAVORATORI:
il diario della crisi
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