Barista. Buon giorno signori. Il solito?
Avventore keynesiano. Sì, grazie.
Avventore liberista. Sì, grazie anche per me la solita aranciata.
Barista. Insomma, è arrivata la nuova legge di Stabilità.
Keynesiano. Una manovra per niente espansiva.
Liberista. Una manovra per niente espansiva. Anzi leggermente restrittiva.
Barista. Ma come? Litigate sempre, adesso siete d’accordo.
Keynesiano. Io parlo per me, poi se gli altri condividono il mio pensiero meglio così. Il rapporto deficit-Pil era del 3 per cento nel 2014, del 2,6 nel 2015 e sarà del 2,2 l’anno prossimo. Dunque si riduce. Non c’è espansione.
Barista. Faccio questo lavoro da dieci anni, da quando mi sono laureato in economia e purtroppo sono rimasto disoccupato, ma qualcosa mi ricordo ancora e leggo i giornali. Se si guarda il Def dell’aprile 2015 il deficit tendenziale si riduceva all’1,4 cento nel 2016, e ora sale al 2,2. Questo grazie agli sconti chiesti a Bruxelles. La direzione è espansiva, almeno rispetto ai tendenziali, cioè a quanto avverrebbe se non si toccasse nulla: insomma si è esplicitamente rinunciato all’asterità. Del resto il ministro dell’Economia Padoan ha detto in una recente intervista: “Questa manovra è espansiva e allo stesso tempo di risanamento”.
Keynesiano. Mettiamola così: ha ragione la Camusso, è espansiva, ma non per tutti.
Barista. Cioè?
Keynesiano. Espande il reddito ai possessori di prima casa, anche quelli più ricchi.
Liberista. Fate la lotta alla povertà o ai ricchi? Vi devo ricordare cosa diceva il vostro Olof Palme.
Barista. Io non parteggio per nessuno. Faccio il barista.
Keynesiano. Lasciamo perdere il povero Olof Palme. Quando dico che è espansiva solo per i possessori della prima casa (il 10 per cento di costoro versa il 37 per cento del gettito) e di conseguenza per i più abbienti non ne faccio una questione etica. Per me c’è anche un fatto economico. Siamo sicuri che i possessori di prima casa, quando avranno più soldi in mano li destineranno ai consumi? Secondo me no, i più ricchi quando dispongono di maggiore reddito risparmiano. Dunque niente consumi, niente espansione.
Liberista. Che non sia espansiva, siamo d’accordo. Ma il punto è un altro e riguarda le tasse.
Keynesiano. Tasse, tasse, possibile che non pensiate ad altro?
Liberista. Seguimi: il governo prevede una spinta ai consumi e al Pil dal taglio delle tasse che valuta in 20 miliardi, un punto e mezzo di Pil, tuttavia di questo taglio ben 16,8 miliardi sono costituiti dalla neutralizzazione dell’aumento dell’Iva. Ma è un mancato aumento, non un taglio! E soprattutto nessuno si aspettava l’aumento e della clausola di salvaguardia, diciamo la verità, erano informati in pochi. Dunque nessuna aspettativa di aumento, nessun sollievo per il mancato aumento, nessuna spinta ai consumi.
Keynesiano. Mi sembra un ragionamento contorto. Sebbene ritengo che la manovra non sia espansiva (anche se non per quello che dici tu) voglio sottolineare che fortunatamente non ci troviamo di fronte al solito rito sacrificale sull’altare del rigore. Ad esempio, la spesa per investimenti non viene tagliata, anche se - devo ammettere - i tagli alla sanità non contribuiranno certo alla fiducia e alla sicurezza, dunque al rilancio dei consumi.
Liberista. Lo nego. Ormai i ticket costano più di un accertamento sanitario privato. Meno Stato, più mercato, più Pil.
Keynesiano. Spero proprio che non sia questa la motivazione del governo. Credo che sia l’esigenza di finanza pubblica a muovere la scure. Tutto qui.
Liberista. Insomma hai detto che la manovra non è espansiva, non ci girare troppo intorno. Al netto dell’Iva restano solo 2,4 miliardi di tagli di tasse, a fronte di tagli di spesa di 4,6 miliardi. Dunque un contributo negativo alla domanda di 2,2 miliardi.
Keynesiano. Ma tu sei fissato con le tasse! La manovra non è espansiva perché riduce comunque il deficit rispetto all’anno 2015, te lo ripeto. Bisogna inoltre vedere dove si tagliano le tasse, e dove si taglia la spesa. Se si tagliano le tasse al lavoro dipendente e ai redditi bassi va tutto molto meglio. Inoltre mettetevi d’accordo tra voi, perché ho visto qualcuno che la pensa come te lamentarsi di una Stabilità troppo espansiva.
Liberista. Dico? Ma noi non siamo mica una caserma!
Keynesiano. Lasciamo stare.
Barista. Va be’ non litigate. Non è che le vostre categorie teoriche non servono più di fronte alle pragmatiche necessità dell’economia?
Keynesiano. Non credo: gli uomini della pratica, i quali si credono affatto liberi da ogni influenza intellettuale, sono spesso gli schiavi di qualche economista defunto.
Liberista. Piuttosto che rinunciare alla teoria economica divento keynesiano.
Barista. Va bene, va bene. Per carità. Comunque lo sviluppo c’è: la Confindustria dice che la Stabilità interverrà per lo 0,3 per cento sul Pil, nonostante l’economia internazionale abbia qualche problema.
Keynesiano. Effetto minimo, qualcosa verrà dalle risorse sulla povertà, dagli investimenti dei Comuni, dalla decontribuzione per le assunzioni a tempo indeterminato. Poca roba.
Liberista. Effetto minimo. Qualcosa verrà dai superammortamenti sugli investimenti delle imprese, dalla decontribuzione del salario aziendale. Dall’offerta. Poco dalla rendita delle case: tutto sommato è meglio che continuino a pagare. Hanno ragione la Commissione, l’Ocse e l’Fmi.
Barista. Un'altra aranciata?
Avventore keynesiano. Sì, grazie.
Avventore liberista. Sì, grazie anche per me la solita aranciata.
Barista. Insomma, è arrivata la nuova legge di Stabilità.
Keynesiano. Una manovra per niente espansiva.
Liberista. Una manovra per niente espansiva. Anzi leggermente restrittiva.
Barista. Ma come? Litigate sempre, adesso siete d’accordo.
Keynesiano. Io parlo per me, poi se gli altri condividono il mio pensiero meglio così. Il rapporto deficit-Pil era del 3 per cento nel 2014, del 2,6 nel 2015 e sarà del 2,2 l’anno prossimo. Dunque si riduce. Non c’è espansione.
Barista. Faccio questo lavoro da dieci anni, da quando mi sono laureato in economia e purtroppo sono rimasto disoccupato, ma qualcosa mi ricordo ancora e leggo i giornali. Se si guarda il Def dell’aprile 2015 il deficit tendenziale si riduceva all’1,4 cento nel 2016, e ora sale al 2,2. Questo grazie agli sconti chiesti a Bruxelles. La direzione è espansiva, almeno rispetto ai tendenziali, cioè a quanto avverrebbe se non si toccasse nulla: insomma si è esplicitamente rinunciato all’asterità. Del resto il ministro dell’Economia Padoan ha detto in una recente intervista: “Questa manovra è espansiva e allo stesso tempo di risanamento”.
Keynesiano. Mettiamola così: ha ragione la Camusso, è espansiva, ma non per tutti.
Barista. Cioè?
Keynesiano. Espande il reddito ai possessori di prima casa, anche quelli più ricchi.
Liberista. Fate la lotta alla povertà o ai ricchi? Vi devo ricordare cosa diceva il vostro Olof Palme.
Barista. Io non parteggio per nessuno. Faccio il barista.
Keynesiano. Lasciamo perdere il povero Olof Palme. Quando dico che è espansiva solo per i possessori della prima casa (il 10 per cento di costoro versa il 37 per cento del gettito) e di conseguenza per i più abbienti non ne faccio una questione etica. Per me c’è anche un fatto economico. Siamo sicuri che i possessori di prima casa, quando avranno più soldi in mano li destineranno ai consumi? Secondo me no, i più ricchi quando dispongono di maggiore reddito risparmiano. Dunque niente consumi, niente espansione.
Liberista. Che non sia espansiva, siamo d’accordo. Ma il punto è un altro e riguarda le tasse.
Keynesiano. Tasse, tasse, possibile che non pensiate ad altro?
Liberista. Seguimi: il governo prevede una spinta ai consumi e al Pil dal taglio delle tasse che valuta in 20 miliardi, un punto e mezzo di Pil, tuttavia di questo taglio ben 16,8 miliardi sono costituiti dalla neutralizzazione dell’aumento dell’Iva. Ma è un mancato aumento, non un taglio! E soprattutto nessuno si aspettava l’aumento e della clausola di salvaguardia, diciamo la verità, erano informati in pochi. Dunque nessuna aspettativa di aumento, nessun sollievo per il mancato aumento, nessuna spinta ai consumi.
Keynesiano. Mi sembra un ragionamento contorto. Sebbene ritengo che la manovra non sia espansiva (anche se non per quello che dici tu) voglio sottolineare che fortunatamente non ci troviamo di fronte al solito rito sacrificale sull’altare del rigore. Ad esempio, la spesa per investimenti non viene tagliata, anche se - devo ammettere - i tagli alla sanità non contribuiranno certo alla fiducia e alla sicurezza, dunque al rilancio dei consumi.
Liberista. Lo nego. Ormai i ticket costano più di un accertamento sanitario privato. Meno Stato, più mercato, più Pil.
Keynesiano. Spero proprio che non sia questa la motivazione del governo. Credo che sia l’esigenza di finanza pubblica a muovere la scure. Tutto qui.
Liberista. Insomma hai detto che la manovra non è espansiva, non ci girare troppo intorno. Al netto dell’Iva restano solo 2,4 miliardi di tagli di tasse, a fronte di tagli di spesa di 4,6 miliardi. Dunque un contributo negativo alla domanda di 2,2 miliardi.
Keynesiano. Ma tu sei fissato con le tasse! La manovra non è espansiva perché riduce comunque il deficit rispetto all’anno 2015, te lo ripeto. Bisogna inoltre vedere dove si tagliano le tasse, e dove si taglia la spesa. Se si tagliano le tasse al lavoro dipendente e ai redditi bassi va tutto molto meglio. Inoltre mettetevi d’accordo tra voi, perché ho visto qualcuno che la pensa come te lamentarsi di una Stabilità troppo espansiva.
Liberista. Dico? Ma noi non siamo mica una caserma!
Keynesiano. Lasciamo stare.
Barista. Va be’ non litigate. Non è che le vostre categorie teoriche non servono più di fronte alle pragmatiche necessità dell’economia?
Keynesiano. Non credo: gli uomini della pratica, i quali si credono affatto liberi da ogni influenza intellettuale, sono spesso gli schiavi di qualche economista defunto.
Liberista. Piuttosto che rinunciare alla teoria economica divento keynesiano.
Barista. Va bene, va bene. Per carità. Comunque lo sviluppo c’è: la Confindustria dice che la Stabilità interverrà per lo 0,3 per cento sul Pil, nonostante l’economia internazionale abbia qualche problema.
Keynesiano. Effetto minimo, qualcosa verrà dalle risorse sulla povertà, dagli investimenti dei Comuni, dalla decontribuzione per le assunzioni a tempo indeterminato. Poca roba.
Liberista. Effetto minimo. Qualcosa verrà dai superammortamenti sugli investimenti delle imprese, dalla decontribuzione del salario aziendale. Dall’offerta. Poco dalla rendita delle case: tutto sommato è meglio che continuino a pagare. Hanno ragione la Commissione, l’Ocse e l’Fmi.
Barista. Un'altra aranciata?
di ROBERTO PETRINI
rassegna stampa: la Repubblica 23 ottobre 2015