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martedì 27 ottobre 2015

Ue, nuove povertà: aumenta il divario giovani-vecchi

Italia in fondo alla classifica del Social Justice Index, assieme a Portogallo, Spagna e Grecia: in aumento la povertà soprattutto tra i più giovani e in diminuzione le opportunità nel lavoro e nello studio. Aumenta il divario giovani vecchi: le pensioni d'anzianità più tutelate rispetto ai sussidi di disoccupazione


Ue, nuove povertà: aumenta il divario giovani-vecchiMILANO - C'è un fantasma che si aggira per l'Europa. E risponde al nome di ingiustizia sociale. Con una divisione che si fa sempre più marcata tra le generazioni, con i giovani che sono sempre più in difficoltà dal punto di vista economico, lavorativo e di opportunità. Un solco che cresce all'interno dell'Unione Europa anche tra gli stati membri, con i paesi dell'area del Mediterraneo che se la passano sempre peggio e che vedono i loro indici economici peggiorare, nonostante la (modesta) ripresa degli ultimi due anni.

E' quanto si può leggere nel rapporto della Fondazione Bertelsmann Stiftung di Bruxelles che ogni hanno che pubblica il "Social justice index". A scorrere le posizioni della classifica per nazioni non c'è da stare molto allegri: l'Italia si trova in 25esima posizione tra i 28 stati Ue, in coda assieme agli altri paesi del sud Europa. Non a caso i più colpiti dalla recessione economica. E quelli che fanno più difficoltà a recuperare le posizioni perdute.

Giovani, i grandi perdenti. Secondo il rapporto, i giovani europei sono "i grandi perdenti della crisi europea economica e del debito". Impietosi i numeri a dimostrazione dell'assunto. All'interno dell'Unione europea ci sono 26 milioni di ragazzi e giovani a rischio povertà o esclusione sociale. Di questi, il 27,9 per cento sono minorenni. Non si tratta solo di mancanza di risorse economiche. A peggiorare la situazione c'è la mancanza di una prospettiva per il futuro, la quale porta molti ragazzi alla rassegnazione: ci sono 5,4 milioni di giovani che non lavorano nè si stanno formando o studiando. E' la generazione Neet, acronimo che sta per  "Not (engaged) in Education, Employment or Training".

Non studio e non lavoro: i Neet. In Italia, i giovani che non studiano e non lavorano e nè imparano un mestiere - secondo gli ultimi dati - sono il 26,09% degli under 30. All'inizio della crisi, nel 2008, erano il 19,15%, quasi 7 punti percentuali in meno. Tra i giovani "Neet" italiani, il 40% ha abbandonato la scuola prima del diploma secondario superiore, il 49,87% si è fermato dopo il diploma e il 10,13% ha un titolo di studi universitario. La percentuale di "Neet" è più elevata tra le femmine (27,99%) che tra i maschi. Peggio di noi solo la Spagna. La quale, però è in una condizione meno sfavorevole per la fascia di età tra i 20 e i 24 anni: in Spagna, la percentuale dei giovani che non lavorano nè si stanno formando o studiando è passata dal 16,6 al 24,8%, in italia si sale dal 21,6 al 32%.

Povertà, in aumento tra i giovani. Altro che poveri pensionati. L'ingiustizia sociale colpisce solo da una parte, dimostrando una volta di più come l'Unione Europea sia per lo più un paese per vecchi. O, per lo meno, ci sono nazioni che non si possono di certo definire paesi dove ai giovani conviene crescere. Dal 2007, si legge nello studio Bertelsmann Stiftung, in Spagna, Grecia, Italia e Portogallo il numero dei giovani a rischio povertà ed esclusione sociale è aumentato di 1,2 milioni, passando da 6,4 a 7,6 milioni.  In 25 stati membri  questo valore è aumentato, in parte, in misura considerevole dal 2008 e solo in Germania e in Svezia le prospettive per i giovani di questa fascia d'età sono migliorate negli ultimi anni.

Il divario intergenerazionale cresce. In queste condizioni non è potuto che aumentare: se la percentuale media dei ragazzi a rischio povertà ed esclusione sociale è aumentata dal 2007 passando dal 26,4 al 27,9%, il valore corrispondente nella fascia di popolazione a partire dai sessantacinque anni d'età si è ridotto dal 24,4 al 17,8 per cento. Ciò è dovuto, secondo alla rapporto della Fondazione, al fatto che la riduzione delle rendite e delle pensioni di anzianità è stata meno marcata di quella subita dai redditi della popolazione più giovane o non si è verificata affatto. Tradotto: la politica ha garantito che il potere di acquisto delle pensioni potesse reggere nonostante la recessione, sacrificando i giovani che sono rimasti con minori tutele sociali.

Il debito pubblico ricade sui giovani. In sostanza, si legge nelle note che accompagnano il "Social Justice index" anche gli effetti del crescente debito pubblico degli stati membri fanno cadere la bilancia solo da una parte, visto che a soffrirre delle risorse pubbliche sempre più scarse sono le giovani generazioni: "Si nota come gli investimenti futuri nell'istruzione o in ricerca e sviluppo ristagnino e l'invecchiamento delle società aumenta la pressione sulla sostenibilità finanziaria dei sistemi di previdenza". Il livello di indebitamento degli stati Ue rispetto alla rispettiva performance economica è aumentato in media dal 63% del 2008 all'attuale 88%.

Italia in fondo alla classifica. Guardando la tabella che riassume la posizione in classifica dei singoli stati membri in rapporto al livello di giustizia sociale, l'Italia si piazza al 25imo posto su 28 paesi. Nonostante l'introduzione del Jobs Act (i cui effetti non si possono ancora misurare) il rapporto sottolinea come ci siano ancora carenze "ancora gravi" del mercato del lavoro. Rispetto all'indagine del 2014, c'è stato un peggioramento in questo fondamentale: tra il 2008 e il 2014 il tasso di disoccupazione è quasi raddoppiato salendo dal 6,8% al 12,9%, mentre il livello dell'occupazione con una percentuale del 55,7% è rimasto stazionario a un livello molto basso (26o posto). Solo in Grecia e in Croazia si è registrato un tasso di occupazione ancora più basso. Per i giovani italiani la situazione "si presenta particolarmente drammatica": dal 2008 al 2014 la disoccupazione giovanile è infatti più che raddoppiata, passando dal 21,2% al 42,7% (25 esimo posto).



  rassegna stampa: la Repubblica 27 ottobre 2015
http://www.repubblica.it/economia/finanza/2015/10/27/news/ue_aumenta_il_divario_giovani-vecchi_e_la_spaccatura_nord-sud-125998380/?ref=HRER2-2

 

lunedì 26 ottobre 2015

I millennials trainano la ripresa, ma ribaltano il modo di consumare

La generazione nata dopo gli anni '80 è più povera, ma più colta e istruita: anche per questo sta stravolgendo il modo di utilizzare le cose. La proprietà lascia spazio alla condivisione e la ricerca della qualità vince su tutto


MILANO - La ripresa, per quanto debole, passa per i "millennials". Troppo spesso dimenticati da ricerche e statistiche, i figli dei "baby boomers", nati negli anni '80 sono il vero motore dei consumi. Più istruiti, più colti, più digitali dei loro genitori, i "millennials" sono anche più poveri: spesso ancora alla ricerca della prima occupazione. Sono loro le prime vittime di una recessione costata 122 miliardi di euro che si è tradotta in un'esplosione della disoccupazione e un calo degli stipendi che ha portato il Pil procapite a circa 22mila euro. Motivo per cui per comprare fanno scelte oculate e attente. Soprattutto alla qualità. Insomma preferiscono spendere meno, ma meglio. Addio quindi agli economici fast-food sostituiti da cibi biologici e del territorio. Un modello che replicano per ogni categoria merceologica.

Sono giovani tra i 25 e i 35 anni, una fetta importante della popolazione, ma anche l'ultimo rapporto Coop ammette che si tratta di "trendsetter dimenticati". Eppure sono proprio loro a dettare la linea, anche agli stessi genitori che li seguono in termini di tendenze e usi. Grazie a loro hanno scoperto il car-sharing, AirBnb per le case in condivisione e perfino la televisione in streaming.

D'altra parte parliamo di quella fascia di popolazione sempre connessa a internet, sempre aggiornata sulle ultime tendenze che non esita a utilizzare la carta di credito per ogni acquisto. Possibilmente online. Quando si tratta di abbigliamento sono ancora più spregiudicati: provano un capo in negozio, ma lo comprano in rete. Anche così risparmiano. E non potrebbero fare altrimenti con un potere d'acquisto in costante calo. Per intercettare i loro gusti la grande distribuzione è pronta a raccogliere la sfida del cibo online, soprattutto dopo che Amazon ha lanciato lo stesso servizio in Italia, diventando un megastore virtuale a 360 gradi: dai libri ai jeans, dagli elettrodomestici alla pasta. Tutto a portata di click.










 
 
rassegna stampa: la Repubblica 27 settembre 2015
http://www.repubblica.it/economia/2015/09/27/news/consumi_millennials-122655044/ 

Millenials, i genitori versano quasi 5 miliardi per sostenerli

Il reddito familiare medio dei ragazzi tra 18 e 34 anni che formalmente vivono per conto proprio - secondo il Censis - "è di 22,9 mila euro l'anno, inferiore di oltre 7 mila euro al reddito familiare medio annuo degli italiani"

Millenials, i genitori versano quasi 5 miliardi per sostenerli         MILANO - Esser giovani senza il supporto economico dei genitori, oggigiorno, è dura. Nel 2014, dai conti correnti dei genitori verso quelli dei figli fra i 18-34 anni - i cosiddetti Millenials - che vivono per conto proprio ma ricevono un aiuto regolare dalla famiglia "sono passati circa 4,8 miliardi di euro". Così uno studio del Censis, che sottolinea "948 mila giovani, sui 4,4 milioni che vivono da soli, non coprono le spese mensili con il proprio reddito".

Il reddito familiare medio dei Millenials che formalmente vivono per conto proprio - continua il Censis - "è di 22,9 mila euro l'anno, inferiore di oltre 7 mila euro al reddito familiare medio annuo degli italiani". Inoltre, si possono stimare "in più di 2,7 milioni i giovani fra i 18 ed i 34 anni perseguitati dall'incubo delle bollette di luce, gas telefono fisso e mobile e in 623 mila quelli il cui equilibrio finanziario è intaccato dalle spese condominiali", aggiunge lo studio realizzato dal Censis sui dati del 2014 per il Forum Ania-Consumatori.


Chi sono i millennials che rivoluzionano il modo di consumare


Per salvare la sostenibilità quindi, i giovani nati negli anni '80 tirano la cinghia, "con oltre l'81% che dichiara di aver dovuto rinunciare (oppure rinviare) anche prestazioni o consumi di welfare". In ultima istanza, anche chi non l'aveva mai fatto, è costretto a rivolgersi ai genitori: "come è successo nello scorso anno a 687 mila giovani che hanno dovuto integrare almeno una volta il proprio reddito mensile con una o più modalità tra risparmi, prestiti o aiuti dai familiari", conclude lo studio del Censis.

rassegna stampa: la Repubblica 25 ottobre 2015
http://www.repubblica.it/economia/2015/10/25/news/millenials_censis-125873914/ 


domenica 25 ottobre 2015

Bankitalia, i nuovi strumenti di contrasto alla corruzione interna e tutte quelle denunce che sono cadute nel vuoto

L'analisi di Bankitalia, i nuovi strumenti di contrasto alla corruzione interna e tutte quelle denunce che sono cadute nel vuoto
Mentre il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco incassava il plauso e il sostegno del presidente della Repubblica, alla Camera Magda Bianco, capo del Servizio Tutela dei Clienti e Antiriciclaggio di Via Nazionale spiegava i passi compiuti da Bankitalia per contrastare e prevenire la corruzione al suo interno. Passi evidentemente non sufficienti dato che si stanno “valutando ulteriori strumenti e misure” nell’ambito “dell’attuazione degli orientamenti della Bce in materia di Quadro etico nell’ambito dell’Eurosistema e del Meccanismo di sorveglianza unico”. Gli strumenti che ci sono, sono stati introdotti in seguito all’entrata in vigore della legge anticorruzione del 2012 sistematizzando in un’organica strategia di prevenzione i diversi presidi di carattere normativo, organizzativo e procedurale adottati nel tempo. La Bianco ha spiegato anche che sono state introdotte nuove misure di prevenzione per i procedimenti amministrativi, con la previsione dell’obbligo di astensione dei dipendenti in caso di conflitti di interessi e, ancora più importante, sono stati avviati i lavori “per l’introduzione di un sistema di segnalazione delle condotte illecite”.
Un meccanismo, quello del whistleblowing, che quando verrà finalmente implementato varrà per il futuro e non certo per il passato. Ancora oggi il dipendente della Banca d’Italia che volesse segnalare fatti e circostanze a lui note che coinvolgono colleghi e superiori, lo dovrebbe fare a proprio rischio, esattamente come ai tempi in cui a capo della Vigilanza, e poi addirittura in posizione di Vicedirettore generale, c’era Anna Maria Tarantola, pupilla dell’ex governatore Antonio Fazio e grande amica di Gianpiero Fiorani. In quegli anni Brescia ha rappresentato uno spaccato perfetto del “sistema Bankitalia”. Un sistema che – è bene chiarire subito – è stato oggetto di denunce, di decine di interrogazioni parlamentari, di articoli, di inchieste e che ad oggi non è stato minimamente scalfito. Vicende sulle quali si vorrebbe mettere la sordina: le denunce paiono cadute nel vuoto, le interrogazioni sono rimaste tutte senza risposta. Funzionari e dirigenti coinvolti sono stati invece promossi, come da miglior tradizione italiana.
E che dire delle centinaia di esposti presentati dai clienti delle banche, privati e imprenditori, per denunziare illeciti gravissimi quali l’usura bancaria? Esposti lasciati cadere sistematicamente nel vuoto come testimoniano tanti, troppo casi. Al riguardo, la titolare del Servizio Tutela dei Clienti e Antiriciclaggio di Bankitalia non ha detto una parola, ma è chiaro che se la Banca d’Italia non farà trasparenza su questi fatti e non avvierà una seria opera di pulizia al suo interno, qualunque strumento venga introdotto per contrastare la corruzione risulterà ben poco credibile. Senza scomodare il commissariamento della Banca popolare di Spoleto che ha portato all’iscrizione nel registro degli indagati del governatore Visco, il recente caso della Banca popolare di Vicenza mette in evidenza lo strabismo dell’Autorità di vigilanza che si è mossa con grave ritardo e solo a crisi conclamata, mentre in questi anni alcuni dei suoi dirigenti si sono trasferiti alla corte di Zonin, contribuendo così ad alimentare il sospetto che su Vicenza Bankitalia usasse un occhio di riguardo. E’ proprio questo meccanismo delle porte girevoli, dei tanti ispettori che sono poi andati a lavorare presso le banche grandi e piccole che ispezionavano, assieme agli scambi di favori (fu proprio la popolare di Zonin, ad esempio, ad acquistare la sede di Vicenza della Banca d’Italia a un prezzo fuori mercato) a minare alla radice la fiducia nell’istituzione. Non solo “i baci sulla fronte” che Fiorani avrebbe voluto dare a Fazio, ma anche e forse ancor di più la protervia utilizzata nei confronti dei piccoli, di chi non ha appoggi potenti, come ad esempio lo scandaloso caso del commissariamento di Bene Banca, i cui fondi sono stati dirottati dal commissario nelle casse della Popolare di Vicenza in crisi di liquidità.
La crisi di credibilità e fiducia è alimentata dal non essersi mai una volta preoccupati di tutelare davvero il pubblico risparmio lasciando che banche in dissesto continuassero a finanziarsi collocando le loro azioni e obbligazioni presso gli ignari correntisti fino ad arrivare all’inevitabile show down. Ora la Banca d’Italia assume anche il ruolo di Autorità nazionale di risoluzione con il recepimento della direttiva Ue che istituisce fra le altre cose il meccanismo del bail in. Ciò che non è stato recepito di quella direttiva è però la richiesta di una grande trasparenza a favore di azionisti, obbligazionisti e correntisti per controbilanciare l’enorme potere discrezionale in capo alle autorità di risoluzione e ciò non contribuirà certo ad aumentare la fiducia dei risparmiatori. Il fatto poi che a svolgere il ruolo di Autorità nazionale di risoluzione sia la stessa Banca d’Italia, cui spettano compiti di vigilanza sul settore bancario, non fa altro alimentare potenziali e reali conflitti d’interesse, abbassando ulteriormente le tutele di correntisti e risparmiatori.
I primi a sperimentarlo sulla propria pelle saranno gli azionisti, gli obbligazionisti e forse anche i correntisti di Banca Marche, Cassa di risparmio di Ferrara e Banca popolare dell’Etruria e del Lazio, che si ritroveranno a fare i conti con il meccanismo del bail in (il fondo di garanzia ha infatti deciso di intervenire solo in seguito al recepimento della direttiva) senza che sia stato predisposto un meccanismo di valutazione e senza che sia stato sancito il diritto a incassare la differenza qualora il trattamento ricevuto risulti poi essere inferiore a quello che avrebbero potuto ottenere in caso di una procedura ordinaria di insolvenza.
rassegna stampa: il fatto quotidiano 25 ottobre 2015http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/10/25/bankitalia-i-nuovi-strumenti-di-contrasto-alla-corruzione-interna-e-tutte-quelle-denunce-cadute-nel-vuoto/2158873/  

sabato 24 ottobre 2015

Mattarella difende Bankitalia: "Preziosa azione di vigilanza"

Le parole del presidente della Repubblica dopo l'iscrizione nel registro degli indagati del governatore Visco per la vicenda della Popolare di Spoleto

Mattarella difende Bankitalia: "Preziosa azione di vigilanza"      ROMA - Sono convinto che "un sistema bancario efficiente, stabile, inclusivo - su cui, nel nostro Paese, si esercita la preziosa e fondamentale azione di vigilanza della Banca d'Italia - rappresenti una componente essenziale per lo sviluppo sostenibile dei nostri Paesi e dell'Unione europea nel suo insieme". Con queste parole il presidente della Repubblica Sergio Mattarella riafferma e difende il ruolo di Bankitalia, dopo l'iscrizione del governatore Ignazio Visco nel registro degli indagati per la vicenda della Popolare di Spoleto.

Parlando in occasione dell'incontro al Quirinale con una delegazione di membri dell'Iieb (Institut International d'Etudes Bancaires), il capo dello Stato affronta il tema centrale della caduta di fiducia nei confronti delle banche a causa della crisi e delle "condotte azzardate" di alcuni istituti e sembra voler lanciare, pur senza citarlo, un messaggio di fiducia a Visco, che Mattarella aveva ricevuto al Quirinale il giorno stesso in cui era stata diffusa la notizia del suo coinvolgimento nell'inchiesta.

Il presidente della Repubblica sottolinea che non sono solo la crisi o le nuove regole europee sul capitale che pesano sul settore del credito ma anche "la caduta della fiducia nelle banche" per colpa degli scandali che "hanno, in alcuni casi, minato la convinzione che le stesse regole siano in grado di contenere comportamenti poco virtuosi di intermediari e di loro dirigenti". "La fiducia è componente essenziale per il buon funzionamento dei mercati finanziari - prosegue Mattarella - Per recuperarla si impone una sempre maggiore attenzione alla trasparenza e alla correttezza sostanziale dei comportamenti".

Per il capo dello Stato è inoltre "essenziale che, anche in questa fase di transizione, il sistema bancario non perda di vista la sua ragion d'essere, il suo ruolo fondamentale, quello di assicurare una efficiente allocazione del credito al sistema economico e sociale, contribuendo così allo sviluppo e alla distribuzione equa delle risorse". Questa è "una funzione centrale in tutte le economie, un ruolo a cui le banche non possono sottrarsi". Ma ciò è ancor più valido "in particolar modo in questa fase, in cui si comincia a intravedere una ripresa economica".

E poi, "un ruolo più attivo delle banche e del credito a sostegno dello sviluppo è ancora più rilevante in alcuni Paesi, come l'Italia, dove il contributo al sistema da parte del finanziamento bancario è assolutamente prevalente".

rassegna stampa: la Repubblica 23 ottobre 2015
http://www.repubblica.it/economia/2015/10/23/news/mattarella_difende_bankitalia_preziosa_azione_di_vigilanza_-125763820/ 


giovedì 22 ottobre 2015

Prestiti in calo dello 0,2% a settembre, si conferma il boom di mutui

I dati del bollettino Abi: il tasso medio sui nuovi finanziamenti per la casa è sceso ancora al 2,66%. Sofferenze ancora in crescita, quelle lorde pesano per oltre il 10% dell'erogato totale

 MILANO - L'Abi annuncia nuovi segnali di miglioramento per l'erogazione di prestiti bancari, anche se l'andamento resta in terreno leggermente negativo: "A settembre, il totale di finanziamenti in essere a famiglie e imprese ha presentato una variazione prossima allo zero (-0,2%) nei confronti di settembre 2014", dice il rapporto di ottobre. Una posizione che viene rafforzata dal rapporto della Bce sul clima presso le banche, secondo il quale l'Italia ha registrato nel terzo trimestre il miglioramento più alto, fra i maggiori Paesi dell'Eurozona, delle condizioni a cui i prestiti sono offerti. Per il documento di Francoforte, le banche che hanno allentato gli standard creditizi rispetto a quelle che hanno dato una stretta sono state il 38% in più nel caso del credito alle imprese e il 25% in più per le famiglie. Migliora anche la domanda di prestiti, con una "domanda netta" positiva del 38% sia per le famiglie che per le imprese.

L'Associazione delle banche italiane sottolinea invece che i finanziamenti alle imprese hanno segnato nei primi otto mesi del 2015 un incremento di circa il +15,9% sul corrispondente periodo dell'anno precedente (gennaio-agosto 2014). "Per le nuove erogazioni di mutui per l'acquisto di immobili, sempre nello stesso periodo, si è registrato un incremento annuo del +86,1% rispetto al medesimo arco temporale dello scorso anno. L'incidenza delle surroghe sul totale dei nuovi finanziamenti è pari, nei primi 8 mesi del 2015, a circa il 29%". Si confermano dunque i dati recentemente diffusi, che parlano di un un vero e proprio boom; dati che pure hanno fatto storcere il naso ad alcuni osservatori. Nomisma, per esempio, notava come il boom poco si sposi con la crescita del mercato della casa, che è su percentuali ben differenti.

A settembre 2015 il totale dei finanziamenti in essere a famiglie e imprese ha presentato una variazione prossima allo zero (-0,2%) nei confronti di settembre 2014, -0,2% anche il mese precedente e migliore rispetto al -4,5% di novembre 2013, quando aveva raggiunto il picco negativo. Questo di settembre 2015 per i prestiti bancari a famiglie e imprese è il miglior risultato da aprile 2012. Positiva a fine settembre la variazione annua del totale prestiti all'economia (che include anche la pubblica amministrazione), +0,3%. Dalla fine del 2007, prima dell'inizio della crisi, ad oggi i prestiti all'economia sono passati da 1.673 a 1.825 miliardi di euro, quelli a famiglie e imprese da 1.279 a 1.414 miliardi di euro.

Complice l'operatività del Quantitative easing della Bce, che sta schiacciando gli spread, "il mese scorso i tassi di interesse sui prestiti si sono posizionati in Italia su livelli ancora più bassi. Il tasso medio sul totale dei prestiti è risultato pari al 3,34%, minimo storico (3,37% il mese precedente; 6,18% a fine 2007). Il tasso medio sulle nuove operazioni per acquisto di abitazioni si è attestato al 2,66% (2,81% il mese precedente; 5,72% a fine 2007). Sul totale delle nuove erogazioni di mutui circa i due terzi sono mutui a tasso fisso. Il tasso medio sulle nuove operazioni di finanziamento alle imprese si è collocato al 2,05%, 1,95% il mese precedente (5,48% a fine 2007)".

Da ultimo, il bollettino dell'Abi conferma la crescita della rischiosità del credito in Italia: le sofferenze lorde (di agosto) sono ormai a un passo da 200 miliardi di euro, con un rapporto sugli impieghi del 10,4%, che sale al 17,3% per i piccoli operatori economici. In attesa di sviluppi sulla bad bank, anche le sofferenze nette registrano ad agosto 2015 un aumento, passando da 84,8 miliardi di luglio a 85,9 miliardi di agosto. Il rapporto sofferenze nette su impieghi totali è risultato pari al 4,78% ad agosto 2015 dal 4,68% di luglio 2015. Quanto alla raccolta, diminuisce, su base annua, quella a medio e lungo termine cioè tramite obbligazioni, (a settembre 2015: -13,8%, segnando una diminuzione su base annua in valore assoluto di 51,8 miliardi di euro).


rassegna stampa: a Repubblica 20 ottobre 2015
http://www.repubblica.it/economia/2015/10/20/news/prestiti_in_calo_dello_0_2_a_settembre_ancora_boom_di_mutui-125494139/ 


Deutsche Bank, continua il periodo nero: accredita 6 miliardi per errore a un cliente

L'episodio è accaduto durante l'estate: responsabile un operatore del desk dei cambi, mentre i capi erano in vacanza. Per errore, è stato accreditato il valore lordo di quanto dovuto, rispetto al valore netto

Deutsche Bank, continua il periodo nero: accredita 6 miliardi per errore a un cliente      MILANO - Sembra che la nuvoletta di fantozziana memoria stazioni ormai stabilmente sopra Deutsche Bank: la prima banca tedesca sta inanellando una serie di brutte figure che ne mettono a repentaglio la reputazione. Dopo gli scandali sul Libor e l'annuncio di maxi-perdite, con una seguente ristrutturazione che il mercato ha mostrato di apprezzare, nella serata di ieri è emerso un nuovo episodio che getta ombre. La stampa anglosassone ha rivelato che la banca tedesca ha pagato per errore a un suo cliente - un fondo speculativo - 6 miliardi di dollari, questa estate. A Deutsche Bank ci sono volute diverse ore per riconoscere l'errore. I fondi sono stati recuperati il giorno successivo. Il pagamento è stato effettuato da un dipendente in posizione 'junior' nel desk dei cambi, mentre i suoi capi erano in vacanza.

L'errore "imbarazzante" aumenta i dubbi sui controlli operativi e la gestione del rischio di Deutsche Bank, che è già nel mirino delle autorità. La banca sta cercando di recuperare la redditività e la reputazione dopo lo scandalo della corruzione e le perfomance deboli. L'errore sarebbe stato commesso da desk di Londra, con un 'fat finger trade': il dipendente avrebbe operato sul valore lordo invece che netto. Deutsche Bank ha riportato l'incidente alla Fed, alla Bce e alla Financial Conduct Authority inglese.

John Cryan, il co amministratore delegato, ha ribadito nei mesi scorsi la necessità di migliorare la cultura della banca, rafforzare i processi interni e migliorare

i rapporti con le autorità. "La nostra base costi è gonfiata da processi inefficaci, da tecnologia antiquata e inadeguata e da investimenti non di successo nella nostra infrastruttura" ha detto Cryan in una email ai dipendenti quando è stato nominato in luglio.

rassegna stampa: la Repubblica 20 ottobre 2015
http://www.repubblica.it/economia/finanza/2015/10/20/news/deutsche_bank_continua_il_periodo_nero_accredita_6_miliardi_per_errore_a_un_cliente-125484205/ 


mercoledì 21 ottobre 2015

Banca Marche, Consob conferma multe per 420mila euro agli ex vertici

L'authority contesta carenze informative nel prospetto dell'aumento di capitale del 2012. L'ex direttore generale Massimo Bianconi e l’ex presidente Michele Ambrosini dovranno pagare 60mila euro per una violazione "a titolo di dolo", gli altri dirigenti sono chiamati a rispondere a titolo di colpa


Banca Marche, Consob conferma multe per 420mila euro agli ex verticiSono state notificate in questi giorni le multe per complessivi 420mila euro che la Consob ha comminato agli ex vertici di Banca Marche per carenze informative nel prospetto dell’aumento di capitale del 2012. I manager sanzionati, al termine di un iter iniziato nel luglio 2014, in tutto sono 16. L’ex direttore generale Massimo Bianconi e l’ex presidente Michele Ambrosini dovranno pagare 60mila euro per una violazione “a titolo di dolo”, in quanto delegati alla redazione del prospetto. Sono invece per violazioni a “titolo di colpa” le multe da 30mila euro date all’ex vice presidente Lauro Costa e all’ex presidente del collegio sindacale Piero Valentini e quelle da 20mila euro all’ex vice presidente Tonino Perini, agli ex consiglieri Giuliano Bianchi, Bruno Brusciotti, Pio Bussolotto, Massimo Cremona, Walter Darini, Eliseo Di Luca, Germano Ercoli, Marcello Gennari, Mario Volpini, e agli ex sindaci Franco D’Angelo e Marco Pierluca.
L’accusa è di “mancata rappresentazione, nel prospetto di offerta approvato dalla Consob il 3 febbraio 1012, delle valutazioni negative sulla situazione economico patrimoniale e sull’assetto di governo societario espresse da Bankitalia in una lettera trasmessa all’Emittente in data 9 gennaio 2012″. Una lettera, si legge ora nel dossier, “dal carattere allarmante” e che proprio per questo “doveva essere comunicata ai potenziali investitori”, ma di cui il mercato e la Commissione rimasero all’oscuro. In essa venivano evidenziati “elementi di crescente criticità“, “diffuse carenze negli assetti di governance e nel sistema dei controlli interni”, la “rilevante esposizione ai rischi di natura creditizia e finanziaria”, e “l’inefficace azione di indirizzo e supervisione del consiglio di amministrazione, condizionato dal ruolo preminente svolto dal dg”.
La lettera di Bankitalia fu discussa dal consiglio di amministrazione di Banca Marche l’11 gennaio 2012, e si contesta ai componenti di quella seduta di non aver trasmesso alla Consob i rilievi nonostante il giorno prima avesse richiesto informazioni supplementari sugli esiti delle ultime ispezioni. Solo il primo giugno 2012, ad aumento concluso, l’istituto di credito trasmise a Consob una “ricostruzione parziale e fuorviante” della lettera di Banca d’Italia. Per Consob – si legge ancora – non assume “valenza esimente la circostanza che la lettera sarebbe stata portata a conoscenza delle fondazioni bancarie, principali soci di riferimento” dal momento che “era stato tenuto comunque all’oscuro il pubblico indistinto degli investitori cui l’offerta era rivolta”. Come previsto dalla normativa, Banca Marche pagherà a Consob l’intero importo delle sanzioni per poi rivalersi sugli autori delle violazioni.
L’aumento del 2012 fruttò alla banca 180 milioni. Bianconi e altri 36 ex dirigenti sono indagati dalla procura di Ancona per il dissesto della banca, che nel 2013 è finita in amministrazione straordinaria e che si appresta ora a varare una nuova ricapitalizzazione a cui parteciperà il Fondo interbancario di tutela dei depositi.

rassegna stampa: il fatto quotidiano 21 ottobre 2015
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/10/21/banca-marche-consob-conferma-multe-per-420mila-euro-agli-ex-vertici/2148557/ 


venerdì 16 ottobre 2015

Banche, l’atto di accusa dell’ex dirigente: “Così aumentano guadagni e riducono rischi ricattando i clienti”

Nel libro 'Io vi accuso' l'ex dirigente bancario Vincenzo Imperatore racconta come gli istituti siano sempre più simili a centri commerciali e agenzie immobiliari. Con la differenza che i commessi-bancari sono in una posizione di forza nei confronti nei confronti delle imprese che hanno bisogno di un prestito

Un atto d’accusa durissimo nei confronti dell’intero sistema bancario. Che non solo ha abdicato al proprio ruolo di supporto all’economia reale ma addirittura, con la crisi e la metamorfosi degli ultimi anni, la massacra. Esercitando anche forme di concorrenza sleale in molti settori. Gli sportelli sembrano sempre meno sportelli bancari e sempre più centri commerciali, agenzie immobiliari, centri di servizio, con una differenza sostanziale però: per raggiungere gli obiettivi di vendita imposti dalla direzione, i commessi-bancari hanno a disposizione la leva formidabile rappresentata dal potere di ricatto nella concessione del credito. Ed ecco così che un cliente entrato in banca per chiedere un prestito esce con un televisore, un tablet e un abbonamento alla palestra.





io vi accuso    Vincenzo Imperatore, ex dirigente bancario pentito e autore di Io so e ho le prove, nel suo nuovo libro Io vi accuso in uscita il 15 ottobre per i tipi di Chiarelettere, svela i nuovi stratagemmi adottati dalle banche per ottenere profitti a discapito dei malcapitati clienti che dopo anni di crisi si trovano sempre più nel ruolo di polli da spennare. Emblematico da questo punto di vista il racconto di come le banche siano diventate “delle agenzie immobiliari capaci di far svendere le abitazioni dei clienti sul lastrico per far guadagnare anche i ricchi speculatori immobiliari già loro correntisti. Senza pietà, sballando il mercato e alterando le normali procedure della compravendita. Gli istituti stanno favorendo il dislivello sociale e consentono spesso abusi per i quali non pagano mai”, scrive Imperatore. I numeri del business sono impressionanti: “Su un fido la banca ha mediamente un margine di guadagno finanziario netto di circa l’8 per cento a fronte di un fattore di rischio altissimo: quei soldi potrebbero anche andare perduti nel caso in cui il cliente fosse insolvente. Il televisore, invece, è a ‘rischio zero’, non c’è nulla da perdere per l’istituto e, inoltre, ha un rendimento di almeno il 20 per cento sul prezzo a cui viene venduto al correntista”.

Una fonte che Imperatore cita nel libro spiega che oggi alla base della gestione della clientela ci sono “i corsi di formazione per diventare piazzista e incontri sulle tecniche di vendita per prodotti di largo consumo”, mentre i prodotti “si possono pagare in un’unica soluzione o con finanziamento che fa crescere la rata mensile del mutuo o di qualsiasi altro tipo di prestito”.
Un altro sistema per fare profitti a scapito dei clienti, in particolare delle piccole imprese, è quello delle assicurazioni sui crediti. “Oltre all’esosa polizza, – scrive Imperatore – ci sono gli interessi applicati sul fido per anticipo fatture, ovvero i ricavi ottenuti prestando all’impresa quegli stessi soldi assicurati. L’azienda, infatti, in attesa che il cliente paghi, ha comunque le spese correnti da sostenere quotidianamente e per farlo si deve far anticipare il denaro dalla banca. E ancora, altro paradosso, l’istituto trae profitto con interessi, commissioni e quant’altro su un rischio (e il fido lo è) che non è più tale perché annullato da una polizza assicurativa venduta dalla stessa banca che ci guadagna il 24 per cento. Gli istituti in questo caso sono riusciti a infrangere le leggi dell’economia e a trovare la formula per loro più conveniente: meno rischio e più guadagno. Tanto paga sempre la piccola impresa”.
Io vi accuso non si limita però a svelare questi meccanismi e a puntare il dito sulle fiduciarie e sui clienti privilegiati delle banche, come il clero o gli imprenditori (i cinesi, sottolinea Imperatore) che lavorano solo per contanti e nei cui confronti nessuno fa mai le pur obbligatorie segnalazioni di operazioni sospette. Ci sono l’usura (documentata) ai danni dei clienti, l’estorsione, la violenza privata, l’intimidazione attraverso la minaccia di segnalazione alla Centrale rischi. “I delitti commessi dalle banche sono numerosi, gravi, spesso non sanzionati. – scrive Imperatore -. Finché non si metterà mano al codice per invertire questa tendenza, il loro strapotere non si attenuerà. Le banche, in particolare i loro dirigenti, hanno mai realmente pagato penalmente per qualcosa? No. Anche quando colti in castagna, al massimo gli istituti sono stati costretti a risarcire la vittima”.
Come se ne esce? Imperatore invita a denunciare i soprusi delle banche e a farlo bene, indicando i nomi e i cognomi, portando testimoni e prove, tante prove. Ma soprattutto l’autore invita a non scoraggiarsi, perché si può vivere e lavorare anche senza avere a che fare con le banche. La seconda parte di Io vi accuso passa in rassegna i circuiti alternativi del credito che negli anni della crisi si sono rafforzati diventando per molte piccole imprese una risorsa imprescindibile e abbastanza facile da utilizzare grazie anche a Internet e alle nuove tecnologie. Dalle piattaforme di crowdfunding alla supply chain e al commercio delle fatture, passando per il peer to peer, i minibond e il corporate barter (baratto aziendale). Naturalmente ciò non basta e anche la piccola impresa – vera ossatura del sistema produttivo italiano – deve ripensare se stessa, professionalizzarsi per presentarsi sul mercato del credito (anche quello alternativo) con idee, progetti, business plan coerenti e conti chiari e trasparenti, perché un’impresa è un’impresa e non il salvadanaio della famiglia, come invece spesso è stato in passato.
Io vi accuso rilancia anche con forza il grave ritardo dell’Italia nel dotarsi di una legge a tutela dei whistleblower. La modifica al Testo unico bancario ha introdotto delle importanti novità in questo senso, sottolinea Imperatore, ma la distanza resta abissale se si pensa che grazie alla tutela del whistleblowing gli Stati Uniti riescono a recuperare circa l’85% delle somme frutto delle frodi. Se lo stesso accadesse nel nostro Paese i vantaggi per l’economia sarebbero enormi: “L’obiettivo che si deve porre l’Italia deve essere quindi quello di recuperare decine di miliardi di euro all’anno, riducendo drasticamente il numero di reati quali la frode fiscale, il riciclaggio, l’usura e la corruzione”.

rassegna stampa : il fatto quotidiano 15 ottobre 2015
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/10/15/banche-cosi-aumentano-guadagni-e-riducono-rischi-ricattando-i-clienti/2126351/



giovedì 15 ottobre 2015

Miliardari, storico sorpasso: Cina batte Usa 596 a 537

Il più ricco del paese asiatico, con un patrimonio di 34,4 miliardi di dollari, è il magnate dell'immobiliare e dell'intrattenimento Wang Jianlin, fondatore ed ex numero uno del gigante dell'e-commerce Alibaba

Miliardari, storico sorpasso: Cina batte Usa 596 a 537MILANO - La Cina quest'anno supera per la prima volta gli Stati Uniti per numero di miliardari residenti. E' quanto emerge da uno studio della rivista cinese specializzata in lusso Hurun Report, secondo il quale nel paese ci sono oggi 596 miliardari (in dollari), 242 in più rispetto all'anno scorso, mentre gli Stati Uniti sono fermi a 537 miliardari.

Il più ricco del paese, con un patrimonio di 34,4 miliardi di dollari, è il magnate dell'immobiliare e dell'intrattenimento Wang Jianlin, fondatore ed ex numero uno del gigante dell'e-commerce Alibaba. Wang si è fatto conoscere anche in occidente con una serie di acquisizioni che includono il gruppo di marketing sportivo Infront, la catena americana di cinema Amc e una quota nel club calcistico Atletico Madrid.
Wang ha superato l'attuale presidente esecutivo di Alibaba, Ma Yun, colpito dal crollo del titolo della società a Wall Street dopo la maxi-ipo dell'anno scorso. Ma Yun comunque può ancora contare su un patrimonio di 22,7 miliardi di dollari. Al terzo posto tra i più ricchi della cina l'imprenditore del beverage Zong Qinghou, con 21 miliardi di dollari, seguito al quarto posto da Pony Ma, fondatore del gigante internet Tencent gestore della popolare app WeChat, con 19 miliardi di dollari. Quinto uomo più ricco della cina è Lei Jun, numero uno del produttore di smartphone Xiaomi con un patrimonio raddoppiato in anno a 14 miliardi di dollari.


martedì 13 ottobre 2015

Crisi, “ricchi sempre più ricchi in tutto il mondo. Ma in Italia diminuiscono”

I dati sono stati pubblicati dal Credit Suisse Reserarch Institute. Nel nostro paese nel 2014 i "Paperoni" sono diminuiti di 500 unità: da 3332 a 2831. A livello globale, l'un per cento della popolazione adulta detiene il 41 per cento di tutte le risorse economiche


Crisi, “ricchi sempre più ricchi in tutto il mondo. Ma in Italia diminuiscono”“Ricchi sempre più ricchi in tutto il mondo ma non Italia”. A dirlo sono i dati pubblicati dal Credit Suisse Reserarch Institute nella sesta edizione del ‘Global Wealth Report’, uno studio sullo sviluppo della classe media dall’inizio del secolo. Secondo il report, l’uno per cento della popolazione adulta mondiale possiede il 41% della ricchezza (circa 98 trilioni di dollari). E dall’inizio della crisi il trend non si è fermato: è, infatti, dal 2008 che le diseguaglianze sulle capacità economiche continuano ad aumentare. Una tendenza che però è in calo in Italia: nel 2014 le persone con un patrimonio sopra i 50 milioni di dollari sono diminuite di 500 unità: da 3332 a 2831.
Tuttavia per un analisi più approfondita dei dati bisogna considerare l’apprezzamento del dollaro sulle altre monete mondiali che ha fatto diminuire la ricchezza di 13 trilioni di dollari. Al contrario, con i cambi costanti sarebbe aumentata di 13 trilioni. Il nostro Paese rimane al settimo posto al mondo per numero di “super ricchi”. Il 55 per cento degli italiani (29 milioni di persone) inoltre appartiene alla classe media, più che in Francia (24 milioni) e Regno Unito (28 milioni).
Tornando ai dati mondiali anche all’interno dell’un per cento dei super ricchi ci sono differenze: 45mila di questi hanno un reddito superiore a 100 milioni di dollari. Altri 124mila invece hanno una ricchezza pro-capite di 50 milioni di dollari. La Cina è il Paese dove il fenomeno è più accentuato con un incremento dell’8%. Secondo lo studio la concentrazione delle ricchezze non sembra andare incontro a un’inversione di tendenza: per questo chi in partenza ha risorse economiche ristrette, ha poi poche possibilità di recuperare terreno nei confronti dei ceti più abbienti. “La ricchezza della classe media è cresciuta ad un ritmo minore di quella dei ceti alti, questo ha invertito il trend pre-crisi in cui avevamo visto la classe media arricchirsi in modo costante”,  ha spiegato il capo esecutivo della banca svizzera Tidjane Thiam. Un’eccezione è rappresentata dall’India dove il patrimonio della classe media dal 2000 ad oggi è cresciuto del 150 per cento, mentre nel resto del mondo è raddoppiato.

rassegna stampa: il fatto quotidiano 13 ottobre 2015

Un disoccupato su tre chiede aiuto ai parenti

Secondo uno studio di Bankitalia la crisi sta spingendo sempre più persone a rivolgersi a famigliari e amici per avere sostegno finanziario: dal 3,9% del biennio 2006-2008 sono saliti al 4,5%

Un disoccupato su tre chiede aiuto ai parenti       MILANO - In tempo di crisi si fa sempre più ricorso all'aiuto finanziario di parenti ed amici. E' quanto emerge da uno studio di Bankitalia, secondo cui "per i beneficiari, il sostegno della rete informale è di ammontare comparabile al ricorso al credito al consumo". E le probabilità di ricorrere al cosiddetto aiuto informale aumentano con la disoccupazione del capofamiglia, con la difficoltà ad arrivare a fine mese e con il ricorso al credito al consumo, a causa dell'insufficienza del credito ricevuto dagli intermediari rispetto alle esigenze di spesa o alle necessità legate al pagamento della rata del prestito stesso, spiega il rapporto di Via Nazionale, che sottolinea come tra il 2008 e il 2014 il reddito disponibile delle famiglie italiane sia diminuito in termini reali del 9% e a fronte di questa contrazione, le famiglie hanno aumentato i consumi solo dell'1%.

Mentre la quota di famiglie che hanno ricevuto aiuto da conoscenti era pari al 3,9% in media nel biennio 2006-08, durante la crisi è salita al 4,5%.
Sono i più giovani (con meno di 35 anni) a ricevere aiuto dai più anziani, dal 2010 il ricorso è frequente anche per le famiglie con a capo un adulto tra i 35 e i 44 anni. Un terzo dei disoccupati ha chiesto aiuto durante la crisi, erano la metà nel 2006-08.

Le famiglie che fanno ricorso alla rete di sostegno informale sono molto fragili dal punto di vista finanziario. Il 77% di queste famiglie ha infatti difficoltà ad arrivare alla fine del mese. E per effetto dell'aumento sia della quota di famiglie beneficiarie che dell'importo dell'aiuto, il valore complessivo della rete di sostegno informale è aumentato del 48% durante la crisi, raggiungendo una cifra pari al 38% del credito al consumo di tutte le famiglie, evidenzia lo studio di Bankitalia.

"La rete di sostegno informale non supplisce alla mancanza di ricchezza e non la redistribuisce in misura rilevante, considerando che parenti e amici condividono condizioni economiche simili", conclude il rapporto. "Il ricorso all'aiuto di parenti o amici è il segnale di una condizione di elevata fragilità finanziaria: può fornire un supporto

alle famiglie in particolare difficoltà, contribuire al pagamento degli arretrati delle bollette e del pagamento dei prestiti, ma non copre del tutto le necessità". Le famiglie che chiedono aiuto a parenti o amici "sono quindi particolarmente fragili".

rassegna stampa: la Repubblica 11 ottobre 2015
http://www.repubblica.it/economia/2015/10/11/news/bankitalia_aiuto_parenti-124854410/ 

 

lunedì 12 ottobre 2015

Nasce lo "Sportello Antitrust" per le segnalazioni dei consumatori

Da oggi lo strumento dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato: si potrà segnalare sul sito, via social e con i canali tradizionali

Nasce lo "Sportello Antitrust" per le segnalazioni dei consumatori   ROMA -  Si chiama "Sportello Antitrust" e sarà lo strumento più diretto per inviare segnalazioni, scritte o vocali, all'autorità garante della concorrenza e del mercato. Da oggi, è a disposizione del consumatore nell'home page del sito internet dell'Agcm, l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato.  Lo "sportello" - spiega una nota - servirà a raggruppare le diverse funzioni già svolte in precedenza e a convogliare le segnalazioni in arrivo. Sono tre i canali utilizzabili: il messaggio on line, attraverso il form che si apre automaticamente cliccando sulla prima icona a forma di busta, la chiamata telefonica gratuita al numero verde 800-166661 oppure un semplice tweet nei consueti 140 caratteri previsti dal social network (@antitrust_it). Rimane, naturalmente, anche la possibilità di inviare una lettera per posta ordinaria all'indirizzo: Agcm - Piazza Verdi, 6A - 00198 Roma, precisa il comunicato.

"Le segnalazioni, regolarmente protocollate, verranno poi smistate - come di consueto - alle varie direzioni competenti, in modo da essere valutate nel merito. I funzionari dell'Agcm - spiega la nota - ne verificheranno quindi l'attendibilità e la fondatezza, per rimettere al collegio dell'autorità la decisione se avviare un'istruttoria o archiviare, richiedere impegni specifici alle imprese o esercitare una moral suasion in caso di mancato rispetto della normativa antitrust.

Nello stesso "sportello", è compresa una quarta icona che riassume e illustra i diritti dei consumatori, secondo la direttiva europea in vigore dal 14 giugno 2014 recepita dal decreto legislativo n.21 del 21 febbraio dello stesso anno. Le novità principali - conclude l'Authority - riguardano i contratti a distanza, stipulati via internet e comunque fuori dai locali commerciali: dall'ampliamento della durata del diritto di ripensamento (14 giorni) fino ai tempi per ottenere il rimborso dei pagamenti effettuati (entro i 14 successivi al recesso). Questa normativa, inoltre, affida in esclusiva all'antitrust la competenza in materia di pratiche commerciali scorrette anche nei settori regolati".


rassegna stampa: la Repubblica 12 ottobre 2015
http://www.repubblica.it/tecnologia/sicurezza/2015/10/12/news/sportello_antitrust-124895376/?ref=HREC1-28 


domenica 11 ottobre 2015

Allarme povertà di Unimpresa: 9 milioni di italiani in difficoltà

Agli oltre 3 milioni di disoccupati, l'associazione industriale somma tutti i lavoratori atipici: i contratti a tempo determinato, sia quelli part time (740mila persone) sia a orario pieno (1,66 milioni); gli autonomi part time (802mila), i collaboratori (349mila) e i contratti a tempo indeterminato part time (2,5 milioni)

Allarme povertà di Unimpresa: 9 milioni di italiani in difficoltà       MILANO - "Oltre 9 milioni di italiani non ce la fanno e sono a rischio povertà: è sempre più estesa l'area di disagio sociale che non accenna a restringersi". E' quanto sostiene Unimpresa, secondo cui "da giugno 2014 a giugno 2015 altre 30mila persone sono entrate nel bacino dei deboli in Italia: complessivamente, adesso, si tratta di 9 milioni e 246 mila soggetti in difficoltà".

Ai 'semplici' disoccupati, continua Unimpresa, "vanno aggiunte ampie fasce di lavoratori, ma con condizioni precarie o economicamente deboli che estendono la platea degli italiani in crisi. Si tratta di un'enorme 'area di disagio': agli oltre 3 milioni di persone disoccupate, bisogna sommare anzitutto i contratti di lavoro a tempo determinato, sia quelli part time (740mila persone) sia quelli a orario pieno (1,66 milioni); vanno poi considerati i lavoratori autonomi part time (802mila), i collaboratori (349mila) e i contratti a tempo indeterminato part time (2,5 milioni).

Questo gruppo di persone occupate - ma con prospettive incerte circa la stabilità dell'impiego o con retribuzioni contenute - ammonta complessivamente a 6,1 milioni di unità. Il totale del'area di disagio sociale, calcolata dal Centro studi di Unimpresa sulla base dei dati Istat, oggi comprende dunque 9,24 milioni di persone, in aumento rispetto a un anno fa di 30mila unità (+0,3%)".

Il deterioramento del mercato del lavoro, secondo Unimpresa, "non ha come conseguenza la sola espulsione degli occupati, ma anche la mancata stabilizzazione dei lavoratori precari e il crescere dei contratti atipici. Una situazione solo parzialmente migliorata dalle agevolazioni offerte dal Jobs Act". Di qui l'estendersi del bacino dei "deboli". Il dato sui 9,24 milioni di persone è relativo al secondo trimestre del 2015 e complessivamente risulta in aumento dello 0,3% rispetto al secondo trimestre del 2014, quando l'asticella si era fermata a 9,21 milioni di unità: in un anno quindi 30mila persone sono entrate nell'area di disagio sociale.

"Alle famiglie e alle imprese finora sono arrivati pochi fondi e mal distribuiti. Nella settimana decisiva della legge di stabilità offriamo al governo, ai partiti e alle istituzioni, i numeri e gli argomenti su cui ragionare per capire quanto sono profonde la crisi e la recessione nel nostro Paese: il 2015 si chiuderà con una crescita del Pil, ma c'è ancora molto da fare e la ripresa deve essere più consistente" commenta il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi.

"Può apparire anomalo - aggiunge Longobardi - che un'associazione di imprese analizzi il fenomeno dell'occupazione, quasi dal lato del lavoratore. Ma per noi la persona e la famiglia sono centrali da sempre, perchè riteniamo che siano il cuore dell'impresa. Bisogna poi considerare che l'enorme disagio sociale che abbiamo fotografato ha conseguenze enormi nel ciclo economico: più di 9 milioni di persone sono in difficoltà e questo vuol dire che spenderanno meno,

tireranno la cinghia per cercare di arrivare a fine mese. Tutto ciò con effetti negativi sui consumi, quindi sulla produzione e sui conti delle imprese". Secondo il presidente di Unimpresa "serve maggiore attenzione proprio alla famiglia da parte del governo".

rassegna stampa: la Repubblica  11 ottobre 2015
https://www.blogger.com/blogger.g?blogID=353240452088341648#editor/target=post;postID=4412600995604450530 


sabato 10 ottobre 2015

Stipendi italiani, ci vogliono quattro operai per fare un dirigente

Le retribuzioni annue lorde del primo semestre 2015 si attestano a 28.653 euro, ma il divario tra gli ultimi inquadramenti e i top manager arriva a undici volte tanto. In Lombardia le buste paga più pesanti, agricoltura dinamica, ma in finanza si guadagna di più


Stipendi italiani, ci vogliono quattro operai per fare un dirigenteMILANO - Ci vogliono quattro operai per fare lo stipendio di un dirigente, ma si può arrivare a undici volte se si parla di amministratori delegati. E’ uno dei dati che emerge dalla panoramica di JobPricing sulle retribuzioni in Italia. Il Salary Outlook 2015, aggiornato al primo semestre 2015, dipinge un quadro di leggero progresso per gli assegni percepiti dai dipendenti del settore privato, che guadagnano potere d’acquisto anche in virtù della dinamica negativa dei prezzi in Italia. Il Nord si conferma la terra più ricca, con la Lombardia capoclasse che offre stipendi annui lordi più alti di un terzo rispetto alla Calabria, ultima in graduatoria.

Il quadro generale. In media, in Italia la retribuzione annua lorda (Ral) del primo semestre 2015 si attesta a 28.653 euro: un dato, dice la ricerca, in linea con quello Ocse e che pone il Paese al nono posto tra le economie più avanzate dell’Eurozona. Una posizione che, però, peggiora sensibilmente considerando il pesante cuneo fiscale che grava sulle buste paga tricolori. Come accennato, la fotografia è ben diversa passando in rassegna dall’alto in basso gli inquadramenti dei lavoratori: dai 105.390 euro l’anno dei dirigenti (4.202 euro al mese per 13 mensilità) si passa ai 23.753 degli operai (1.320 euro). In mezzo, 2.527 euro al mese per i quadri e 1.642 per gli impiegati. La forbice si amplia se si considerano le parti variabile della remunerazione, che permettono ai dirigenti di salire oltre 117mila euro l’anno contro i 24mila degli operai.

INFOGRAFICHE: Tutti i numeri sui salari italiani

Il trend sul 2014. La dinamica degli stipendi italiani è nel complesso positiva sull’ultima rilevazione di JobPricing (aggiornata rispetto al report del febbraio scorso su un valore medio di 28.506 euro), con un incremento dello 0,5% tra gennaio e giugno. Se si considera una dinamica dei prezzi negativa dello 0,1%, ne viene un aumento del potere d’acquisto medio di 0,6 punti. A sorpresa, invece, i dirigenti hanno sofferto un calo delle buste paga dell’1,1%. Un dato che si spiega con “la continua emorragia dei dirigenti, soprattutto più avanti con gli anni e quindi con una retribuzione più pesante”, spiega il responsabile dell’Osservatorio JobPricing, Mario Vavassori (il report). Di fatto, escono dal lavoro quelli che costano di più e non vengono rimpiazzati.

La distribuzione dei salari. Un altro elemento utile per la lettura dei dati che emergono dal report riguarda la distribuzione dei salari, che ovviamente vedono concentrarsi la popolazione dipendente nelle fasce più basse di retribuzione. Tre lavoratori su quattro ricevono una Ral tra 18 e 31mila euro e soltanto il 5,7% si porta sopra i 40mila euro lordi l’anno. Una curva che si spiega anche con la scarsità di alti livelli d’inquadramento in Italia: nel 2014 quasi il 95% di lavoratori del settore privato erano operai o impiegati. E considerando il trend di assottigliamento della truppa di dirigenti, nel futuro sarà difficile vedere un’inversione della dinamica. L’analisi approfondita svela quanto sia profondo il solco tra inquadramenti, in particolare il salto tra impiegati e quadri: i più ‘ricchi’ della prima categoria arrivano a percepire 35mila euro circa, contro i quasi 45mila dei più ‘poveri’ della seconda categoria. In poche parole, se si guarda ai soldi intascati è molto meglio essere ultimo tra i quadri piuttosto che primo tra tra gli impiegati.

CALCOLA se il tuo stipendio è corretto

Ancora Vavassori spiega quali possano essere le linee d'azione, a partire da questi dati, per tracciare una dinamica salariale più equilibrata: “Aumentare la flessibilità tra parte fissa e variabile della remunerazione, anche negli inquadramenti inferiori” è al primo posto, anche per i riflessi positivi sulla produttività. E poi “spingere sul concetto di reverse reward, cioè cambiare progressivamente il sistema basato sugli scatti di anzianità. Va preferita la possibilità di incrementare lo stipendio, quando serve realmente: tra i 30 e 40 anni, stagione che corrisponde per altro con il maggior incremento di performance del lavoratore”.

Le differenze territoriali. A livello geografico, in media la differenza tra la Ral del Nord e quella di Sud e Isole arriva al 20%: 30mila euro a Nord e meno di 25mila euro nel Mezzogiorno. Il divario si va ampliando se si considera che, rispetto al 2014, il report mostra una crescita dello 0,9% a Settentrione, contro il +0,3% del Centro e il +0,2% del Meridione. Scendendo nel dettaglio regionale, la Lombardia si propone come la Regione con gli assegni più pesanti (oltre 31mila euro), seguita da Trenino-Alto Adige ed Emilia Romagna. Nel Centro, il Lazio (29.615 euro) beneficia della presenza di Roma, mentre nel Sud la Campania (26.310 euro) distanzia le altre, che calano fino ai 23.465 euro della Calabria fanalino di coda.

I settori più e meno ricchi. Venendo infine alle differenze tra industrie, va senza dubbio sottolineato l’effetto-Expo sull’agricoltura. Il comparto è sì il più povero del lotto analizzato, con stipendi medi sotto i 24mila euro, ma nei primi sei mesi del 2015 ha registrato il maggior dinamismo con un +3,5%. L’industria finanziaria resta di gran lunga la più ricca

(39.660 euro di media) e stacca nettamente i dipendenti delle utility al secondo posto (31.470 euro). I profili professionali che hanno più soddisfazioni economiche sono quelli impiegati in banche e assicurazioni, nel farmaceutico, nelle telecomunicazioni e nella consulenza It e software.

rassegna stampa: la Repubblica 10 ottobre 2015
http://www.repubblica.it/economia/2015/10/10/news/stipendi_italiani_ci_vogliono_quattro_operai_per_fare_un_dirigente-124718655/?ref=HRLV-5