Olio, formaggio, pollo,
sapone, zucchero, burro, carne sono ormai alimenti inseriti nella lista
dei "rari". Crescono gli episodi di 'assalti' da parte della popolazione
stremata ai magazzini della Guardia Nazionale, dove sono custodite le
derrate alimentari sottratte a un contrabbando sempre più diffuso. Il 6
dicembre si vota per le presidenzali, la popolarità di Maduro è a picco e
si teme per i possibili disordini
di ALESSANDRA BADUELROMA - File per il cibo, saccheggi di cibo, sequestri di cibo. In Venezuela comanda la fame, oltre alla carenza di farmaci, e mentre il presidente Maduro decide di combattere la sua lotta contro il contrabbando - a suo parere spalleggiato dalle opposizioni politiche - chiudendo la frontiera con la Colombia, deportandone mille cittadini e non riuscendo a trovare un accordo per la riapertura, tanto da arrivare al richiamo degli ambasciatori da parte di entrambi i Paesi, i venezuelani attaccano i soldati per avere il cibo sequestrato a chi lo vende al nero, come è successo vicino Maracaibo, caso di sicuro non unico.
In cima all’indice delle 15 economie più in miseria nel mondo, stilato da Bloomberg nel marzo 2015 sommando il tasso di disoccupazione con l'inflazione, il Venezuela secondo Nicolás Maduro avrebbe dovuto trovare la via della ripresa proprio in agosto. Così non è andata e le previsioni dell'agenzia finanziaria Usa, che stimava un 78,5% di tasso d'inflazione dell'indice dei prezzi al consumo negli stessi giorni in cui la carenza di carta igienica spingeva i vicini di Trinidad e Tobago a offrirla ai venezuelani in cambio di petrolio, sono confermate: la crisi prosegue, le file ai supermercati anche e fiorisce il mestiere di "bachaquero", contrabbandiere, dal nome locale delle formiche rosse che devastano i raccolti: le "bachaco", appunto. E se è vero che il prezzo del petrolio è crollato mettendo in crisi uno fra i principali produttori mondiali, è anche vero che molte delle misure governative non sono efficaci e il bolivar è crollato del 72% sul mercato non ufficiale da anni in vigore: ormai ci vogliono 616 bolivar per un dollaro e un salario minimo vale 12 dollari, mentre per un caffè ci vogliono 100 bolivar - e un paio di jeans vale quasi 800 dollari, un chilo di carote quasi 20, un frullatore più di 500.
Con queste premesse, non stupisce che in una recente indagine nazionale l'agenzia Consultores 21 abbia trovato un 30% di cittadini che mangia solo due volte se non una al giorno. A marzo erano il 20%. In più, il 70% risponde che ha proprio rinunciato ad almeno un alimento base come latte, riso, zucchero o simili perché non lo trova – o perché è troppo caro.
A La Sibucara, vicino Maracaibo, al confine con la Colombia, secondo i media ufficiali nei giorni di Ferragosto i "bachaqueros" hanno saccheggiato la sede della Guardia Nacional dopo aver subito un sequestro di 50 tonnellate di cibo nei loro magazzini. Secondo il Wall Street Journal, invece, sono stati i cittadini a svuotare, distruggere e incendiare la sede, furiosi con i soldati che si erano rifiutati di redistribuire il cibo sequestrato ai contrabbandieri. A La Sibucara, Maria Palma, 55 anni e svariati nipoti, esce da un alimentari a mani vuote, lamentandosi: "La gente che ci dava lavoro, le aziende private, i ricchi, non ci sono più". Quindi anche lei, spiega al giornale, per andare avanti rivende i cibi razionati che riesce a procurarsi: "Non è un grande affare", precisa, "ma non c’è lavoro e dobbiamo pur trovare il modo di mangiare, noi e i piccoli". È anche lei da contare fra i "bachaqueros"?
Di certo, sono molti quelli che aggirano i controlli sempre più rigidi istituiti da Maduro, per procurarsi lo stesso beni di prima necessità da rivendere al mercato nero. Oltre al tradizionale flusso di contrabbando con la Colombia – che esiste da anni ed è legato alle politiche calmieranti del Venezuela già in tempi pre-crisi, per cui un venezuelano guadagnava rivendendo ai colombiani i beni avuti ai prezzi "politici" voluti dal socialismo – ora c’è un "fronte interno", e molto agguerrito: se il governo impone che ogni cittadino può comprare farina e beni analoghi solo una volta a settimana, controllando le carte d’identità, il trucco sarà farsi sei, sette documenti diversi e una fila per ogni documento. Così i beni definiti "rari", cioè carenti all’80%, sono ormai una lunga lista che include olio, formaggio, pollo, sapone, zucchero, burro, carne bovina.
In questa precarietà, il 6 dicembre ci sono le elezioni parlamentari, che rischiano di peggiorare ancora la situazione. Il 6 dicembre è una data evocativa, probabilmente scelta apposta: in quel giorno del 1998 Hugo Chávez fu eletto con il 56% dei voti. Ma l'ultimo sondaggio dà il presidente Maduro a meno del 20% di preferenze. A conferma dei rischi di disordini sempre peggiori, l’Osservatorio dei conflitti sociali del Venezuela segnala che mentre l’anno scorso la gente faceva cortei di protesta politici, nei primi sei mesi del 2015 è già scesa in strada 500 volte per protestare esclusivamente contro la mancanza di cibo. I saccheggi ufficialmente contati sono 56, decine quelli tentati. E il responsabile dell’Osservatorio Marco Ponce chiude il quadro con un’immagine: "Se non sono fuori a protestare, i venezuelani sono fuori a fare una coda". Al supermercato, o in farmacia. E la carenza di medicine è tale che, come denuncia, anonima, una addetta alla chimica industriale al Le Journal International, "ormai la gente qui muore di cancro o di Aids molto in fretta". La chimica aggiunge che più che votare le interessa, come a molti, andarsene presto: Colombia, Panama, Argentina sono le mete, per chi può permetterselo.
rassegna stampa: la repubblica 29 agosto 2015
http://www.repubblica.it/economia/2015/08/29/news/venezuela_inflazione_crisi_disoccupazione_fame-121821423/