con un’analisi di Rossella Bocciarelli
Via libera preliminare del Consiglio dei ministri all’attuazione della direttiva europea sulle crisi bancarie. Dal 1° gennaio 2016 i salvataggi delle banche non saranno più finanziati dallo Stato ma
dagli istituti stessi (il cosiddetto bail-in<http://argomenti.ilsole 24ore.com/parolechiave/bailin.html>), cioè in prima battuta dagli azionisti degli istituti di credito coinvolti, poi dagli obbligazionisti, infine, se necessario, dai correntisti con depositi superiori ai 100mila euro (al di sotto di quella cifra infatti vige la garanzia sui depositi). Il coinvolgimento degli investitori avverrà però solo dopo che sia stato utilizzato tutto il capitale e dopo che l’autorità di risoluzione - cioè Banca d’Italia - abbia percorso altre strade come la vendita di una parte degli attivi della banca. Dopo il coinvolgimento dei privati, è ancora possibile, ma altamente improbabile e comunque limitato, un intervento pubblico.
L’ordine di chiamata
Il recepimento della direttiva 2014/59/Ue per il risanamento e risoluzione del settore creditizio e degli intermediari finanziari, cosiddetta Brrd, il cui termine era scaduto il 31 dicembre scorso e su cui l'Italia ha già incassato una “messa in mora” da Bruxelles, prevede il recepimento dello strumento del “bail-in”. In sostanza dal 1° gennaio 2016 i problemi degli istituti di credito andranno risolti dall'interno, non con interventi da parte dello Stato (e quindi dei contribuenti).
Quanto all'ordine di questa "chiamata", gli azionisti saranno in prima posizione per assorbire le perdite, seguiranno i possessori debito subordinato, poi quelli di debito senior. I depositi di pmi e persone fisiche, inclusi quelli di ammontare superiore a 100mila euro, arriveranno dopo i creditori senior.
Le banche si sono già mosse
Le prime conseguenze pratiche del nuovo sistema di gestione delle crisi si sono viste nelle ultime trimestrali approvate dalle banche italiane: alcuni istituti si sono portati avanti e hanno messo da
parte 197 milioni per i due fondi previsti dalla nuova architettura salva-banche. Ma è solo una piccola fetta di quanto verrà chiesto dal prossimo anno agli istituti italiani, grandi e piccoli, per finanziare
i nuovi fondi: un miliardo, da versare ogni anno dal 2016 al 2024, secondo le stime degli addetti ai lavori.
Una holding salva-banche
Il sistema bancario italiano si è già attivato per affrontare i casi più urgenti. Come anticipato dal Sole , è infatti allo studio la costituzione di una holding per il salvataggio, il rilancio e la successiva cessione sul mercato nell'arco di 2-3 anni di Cassa di risparmio di Ferrara, Banca Marche e Banca Popolare dell'Etruria, le tre crisi bancarie che per gravità e dimensioni preoccupano di più il settore italiano del credito e le Autorità che lo vigilano. A metterci le risorse necessarie, attualmente stimate in un miliardo e mezzo, saranno le altre banche italiane, ma se - come probabile - si renderà necessario per far quadrare il cerchio, anche i titolari di obbligazioni subordinate potrebbero essere coinvolti nell'operazione, vedendosi convertiti i bond in partecipazioni azionarie; in questo caso, i titoli in circolazione che potrebbero essere coinvolti ammontano a circa 700 milioni.
Cosa prevede la direttiva europea
Il grado di distribuzione degli oneri degli interventi privati dipenderanno dalla banca, dall'ammontare delle perdite e della situazione economica generale. In casi eccezionali e se necessario per
preservare la stabilità finanziaria, il "bail-in" potrebbe essere concluso una volta raggiunto l'8% delle passività della banca (capitale incluso) o alternativamente il 20% degli asset ponderati per il rischio in situazioni specifiche.
In seconda battuta è previsto l'intervento del fondo di risoluzione a livello nazionale (costituito con versamenti dalle banche), che può assumere fino al 5% delle perdite, oppure del fondo di risoluzione
europeo chiamato SRF (Single resolution fund), anch'esso costituito con i versamenti delle banche. La dote di questo fondo europeo infatti dovrebbe essere costituita con le risorse provenienti
dai fondi di risoluzione nazionali:il fondo europeo sarà però a regime solo dopo 10 anni di versamenti per un target totale di 55 miliardi di euro.
rassegna stampa: il sole 24ore 10 settembre 2015
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