Il rapporto della Caritas. Ma i più recenti dati Istat
dicono che la povertà assoluta in Italia ha smesso di crescere. Per la
prima volta dal 2007 la percentuale di persone colpite si è stabilizzata
rispetto all'anno precedente. Rispetto all'Italia pre-recessione,
dunque, i poveri in senso assoluto sono più che raddoppiati.
ROMA - Il Rapporto Caritas sulle
politiche contro la povertà giunge quest'anno alla sua seconda
edizione. Due gli interrogativi che lo attraversano: quale bilancio si
può fare oggi dell'azione del governo Renzi nelle politiche contro la povertà? Quali sono le prospettive della lotta all'indigenza nell'Italia del post-crisi?
La "normalità" della povertà. I più recenti dati Istat
ci dicono che la povertà assoluta in Italia ha smesso di crescere. Per
la prima volta dal 2007, infatti, nel 2014 la percentuale di persone
colpite si è stabilizzata rispetto all'anno precedente: nel 2014 erano
il 6,8% del totale mentre nel 2013 il 7,3%. Ma non è tutto a posto come
sembra. Se confrontiamo il 2014 con il 2007, ultimo anno prima
dell'inizio della crisi, si osserva che il numero delle persone in
povertà assoluta è salito dal 3,1% al 6,8% del totale. Rispetto
all'Italia pre-recessione, dunque, i poveri in senso assoluto sono più
che raddoppiati.
Cos'è la povertà assoluta. La povertà assoluta è
definita dall'Istat come l'impossibilità di accedere "all'insieme di
beni e servizi che, nel contesto italiano, vengono considerati
essenziali, per una determinata famiglia, per conseguire uno standard di
vita minimamente accettabile". Questo insieme di beni e servizi è
suddiviso dall'Istat in tre componenti: alimentare, abitativa e
residuale (vestiario, possibilità di spostarsi sul territorio ed altro).
I rapporti Caritas - in linea con l'opinione nettamente prevalente
nella comunità scientifica - individuano in quella assoluta la povertà
vera e propria. Nel prosieguo del capitolo, pertanto, il termine povertà è utilizzato per riferirsi alla povertà assoluta.
Colpiti trasversalmente i gruppi sociali. Oltre ad
essere aumentati, i poveri rappresentano anche la parte della società
che ha visto le proprie condizioni deteriorarsi maggiormente. Infatti,
durante la crisi, il 10% della popolazione con minor reddito - per lo
più, appunto, persone in povertò assoluta - ha sperimento una
contrazione percentuale delle proprie entrate (meno 27%) assai superiore
a quella vissuta dal restante 90%. Inoltre, la povertà ora colpisce
trasversalmente i gruppi sociali: non più solo famiglie numerose che
vivono al Sud e con componenti disoccupati, ma famiglie con uno e due
figli, che vivono al Centro-Nord e in cui sono presenti membri occupati.
L'indigenza si è ora stabilizzata. E l'indebolimento
strutturale della società italiana - basti pensare alla fragilità delle
reti familiari e del mercato del lavoro - rende irrealistico immaginare
di tornare ai livelli di povertà del 2007.
Questa "normalità", nell'Italia di oggi e di domani, rappresenta il
punto dal quale partire per discutere le politiche di contrasto. Un
fenomeno non privo di soluzioni ma che non si risolverà da sé, come
conseguenza della ripresa economica. Si tratta, invece, di un problema
sociale realisticamente affrontabile con adeguate politiche pubbliche.
L'anomalia del welfare italiano. Per poter valutare
l'operato del governo guidato da Matteo Renzi nei confronti della
povertà è opportuno considerare la realtà delle politiche in questo
ambito, prima del suo arrivo, cioè l'eredità lasciata dai suoi
predecessori.
- Primo, l'Italia è l'unico paese europeo, assieme alla
Grecia, privo di una misura nazionale mirata a sostenere l'intera
popolazione in povertà assoluta.
- Secondo, l'attuale sistema di interventi pubblici
risulta del tutto inadeguato per volume di risorse economiche dedicate e
frantumato in una miriade di prestazioni non coordinate, suddivise tra
una varietà di categorie e con caratteristiche diverse.
- Terzo, la gran parte dei finanziamenti pubblici
disponibili è dedicata a prestazioni monetarie nazionali mentre i
servizi alla persona, di titolarità dei Comuni che poi coinvolgono anche
il terzo settore, sono sottofinanziati.
- Quarto, la distribuzione della spesa pubblica è
decisamente sfavorevole ai poveri: l'Italia ha una percentuale di
stanziamenti dedicati alla lotta alla povertà inferiore alla media dei
paesi dell'area euro - 0,1% rispetto a 0,5% del Pil, l'80% in meno;
inoltre, al 10% della popolazione con minore reddito è destinato il 3%
della nostra spesa sociale complessiva e il 7% della spesa per
protezione sociale non pensionistica.
Cos'è cambiato durante la crisi? In termini strutturali
nulla, poiché nel periodo 2007-2014 non sono state introdotte novità
degne di nota. In parallelo, le già ridotte risposte esistenti sono
state ulteriormente indebolite dalle politiche di austerità rivolte ai
Comuni, che li hanno portati a contrarre la loro spesa sociale, già
molto scarsa. Oggi ci troviamo, dunque, di fronte a una povertà diffusa e
ad un welfare pubblico ancora del tutto inadeguato.
Ai poveri qualche sollievo rispetto ai governi precedenti.
Il governo Renzi ha sinora introdotto alcuni interventi per supportare
il reddito delle famiglie rivolti prevalentemente a fasce più ampie
della popolazione ma che, in varia misura, riguardano anche i nuclei in
povertà: il bonus di 80 euro per i lavoratori dipendenti, il bonus bebè
per famiglie con figli entro i tre anni, il bonus per le famiglie
numerose e l'Asdi. L'insieme degli interventi di sostegno al reddito
sinora varati restituisce un quadro piuttosto chiaro. Ai poveri viene
fornito qualche sollievo, che si traduce in un complessivo incremento
medio di reddito pari al 5,7%, risultato migliore rispetto ai precedenti
governi.
Benefici marginali e controindicazioni. Si tratta,
però, di un avanzamento marginale e non privo - per come è stato
disegnato - di controindicazioni. Pertanto, la valutazione d'insieme
non può che essere la seguente: in materia di sostegno al reddito,
l'attuale esecutivo, ad oggi, non si è discostato in misura sostanziale
dai suoi predecessori ed ha confermato la tradizionale disattenzione
della politica italiana nei confronti delle fasce più deboli della
popolazione.
I punti negativi della politica del governo Renzi per la povertà
- Primo. Per prima cosa, i diversi contributi sin qui
introdotti raggiungono, nel loro complesso, una quota limitata delle
famiglie in povertà assoluta, intorno al 20%. L'incremento medio del
reddito di tutte le famiglie in povertà assoluta è del 5,7%. Pur
trattandosi, come anticipato, di un miglioramento utile, è da ricordare
che l'aumento medio del reddito del nucleo previsto in una misura di
reddito minimo come il Reddito d'Inclusione Sociale (Reis), capace di portare le condizioni di tutte le famiglie al livello della soglia di povertà assoluta, è dell'86%.
- Secondo. il Governo, introducendo quattro nuove
misure che possono essere ricevute anche dai poveri ha incrementato
ulteriormente la frammentazione rendendo l'accesso agli interventi
ancora più complicato, in particolare per chi ha minore istruzione e
meno reti sociali e accrescendo la complessità gestionale per gli
operatori del welfare.
- Il Presidente del Consiglio ha annunciato per il prossimo triennio un
ampio pacchetto di riduzione delle imposte: nel 2016 l'abolizione della
Tasi sulla prima casa, nel 2017 la riduzione di Ires e Irap e nel 2018
quella dell'Irpef. Mentre Ires e Irap si rivolgono alle imprese,
abolizione della Tasi e diminuzione dell'Irpef sono finalizzate a
sostenere direttamente il reddito delle famiglie attraverso minori
imposte.
- Quale sarà l'impatto di queste misure su chi dispone di un minor
reddito? Quello conseguente all'eliminazione della Tasi risulterà
contenuto poiché solo il 35% delle famiglie in povertà assoluta la paga.
Non sono ancora note, invece, le caratteristiche della prevista
riduzione dell'Irpef. In ogni modo, la ricaduta sugli indigenti sarà
irrilevante dato che la gran parte è incapiente. Infatti, tra il 5% di
famiglie con il reddito più basso, tutte in povertà assoluta, meno del
10% del totale paga l'Irpef, e nel successivo 5% tale percentuale arriva
al 20%.
Il calo delle tasse riguarderà poco i poveri assoluti.
Complessivamente, il pacchetto di riduzione delle tasse annunciato
riguarderà in misura del tutto marginale i poveri assoluti, la maggior
parte dei quali non ha disponibilità economica sufficiente per pagarle,
oppure deve pagarne assai poche. Neppure le misure annunciate per il
futuro modificano il giudizio espresso sopra.
Politica sociale: novità da non enfatizzare. La
disamina di quanto avvenuto sul fronte della politica sociale è,
necessariamente, piuttosto breve. Il motivo è semplice: nel settore il
Governo Renzi non ha sinora realizzato alcun intervento di rilievo.
L'unica azione da segnalare, sino ad oggi, consiste nel leggero aumento
dei fondi nazionali deciso con la legge di stabilità 2015: lo
stanziamento complessivo per i tre fondi principali - Fondo Nazionale
Politiche Sociali, Fondo Non Autosufficienze e Fondo Nidi - è salito a
800 milioni rispetto ai 667 del 2014. Seppure positiva, si tratta di una
novità da non enfatizzare, alla luce dell'esiguità dei relativi
finanziamenti e del fatto che si rimane comunque lontani dai 1070
milioni destinati a tali fondi nel 2008 dall'allora Governo Prodi, cifra
che già allora tutti gli esperti giudicarono inadeguata ad affrontare
lo storico sotto-finanziamento delle politiche sociali.
Il dibattito: un'attenzione che cresce. Il contrasto
tra il radicarsi della povertà e l'assenza di azioni degne di nota per
fronteggiarla non esaurisce le vicende del periodo in esame. I mesi
scorsi hanno visto crescere nel dibattito politico l'attenzione verso la
lotta all'indigenza, merito innanzitutto, del Movimento Cinque stelle,
che ha fatto della lotta alla poverta? - attraverso il reddito di
cittadinanza - una propria bandiera. Nel Parlamento, il gruppodei
deputati di Sel, autorevoli esponenti della Lega Nord, così come del
Partito Democratico e numerosi altri si sono espressi a favore di un
intervento strutturale in materia. Per il governo, il Ministro del
Welfare, Poletti, ha in più occasioni esplicitato la propria posizione
favorevole alla introduzione di una misura nazionale.
Le attività dell'ultimo anno. Per quanto riguarda
l'attività di proposta e pressione da parte dei soggetti sociali,
l'ultimo anno ha visto l'Alleanza contro la povertà intensificare i
propri sforzi in tale direzione. I mesi trascorsi, dunque, hanno visto
maturare una serie di fattori che potrebbero facilitare l'introduzione
di adeguate politiche contro la povertà nel nostro paese ma è
impossibile avanzare ipotesi circa le evoluzioni del prossimo futuro.
Decisivo sarà l'orientamento del Presidente del Consiglio.
I risultati raggiunti (e non) dal governo Renzi. Da
quando è a Palazzo Chigi, Renzi non ha ancora assunto una posizione
pubblica precisa sulla lotta alla povertà. Nel corso del 2015, però:
- Il Fondo Nazionale Politiche Sociali è passato da 317 a 300 milioni
- Il Fondo Non Autosufficienze da 300 a 400 milioni
- il Fondo Nidi negli ultimi anni era stato azzerato e per il 2015 ha ricevuto 100 milioni.
Il confronto col governo Berlusconi. Com'è noto, a
partire dal 2009, il Governo Berlusconi ridusse i fondi statali, sino ad
azzerarli nel 2012, poiché era contrario alla responsabilità pubblica
nei confronti delle persone fragili. Nel 2013 è cominciata la parziale
risalita fino agli attuali 700 milioni, ma intanto la debolezza del
settore si è ulteriormente accentuata.
Un bilancio finale sul governo Renzi. Quale bilancio si
può formulare sull'azione del governo Renzi, dal suo insediamento ad
oggi? Il complessivo sforzo riformatore dell'attuale Esecutivo è più
incisivo di quello di molti suoi predecessori. Tuttavia, nello specifico
della lotta alla povertà il governo ha seguito una linea di sostanziale
continuità con quelli che l'hanno preceduto: non ha, in altre parole,
realizzato interventi significativi.
Quali sono le prospettive della lotta all'indigenza?
Una diffusione del fenomeno ben superiore ai livelli pre-crisi
costituira? un tratto di fondo del nostro Paese nei prossimi anni,
rendendo ancor più necessario adottare in materia degli interventi
strutturali. La crescita d'interesse da parte della politica,
principalmente per merito del Movimento Cinque Stelle, i passi in avanti
compiuti nel confronto tecnico sulle azioni da realizzare e il
rafforzamento del ruolo di advocacy dei soggetti impegnati nel
sociale, grazie all'Alleanza contro la povertà, pongono le condizioni
perché venga introdotta una misura nazionale.
Che cosa vuol dire "costruire il welfare"? E' qui che
risiede oggi la specificità delle politiche contro la povertà. Infatti,
gran parte delle posizioni espresse nell'attuale dibattito sul welfare
condividono il medesimo punto di partenza: il tema è come intervenire su
politiche pubbliche già presenti. Contro la povertà, invece, vi sono
significativi interventi a livello locale, mentre a livello nazionale un
sistema di politiche pubbliche di welfare, degno di questo nome, non è
mai nato. Pertanto, qui il punto non è
difendere/ripensare/indietreggiare rispetto a qualcosa che - pur
perfettibile - c'è già. Occorre invece decidere se si vuole o meno dar
vita ad un sistema fondato su una misura rivolta a chiunque sia in
povertà assoluta, un livello essenziale costituito da un mix tra diritti
nazionali e risposte disegnate dalla rete dei servizi locali e dotato
di finanziamenti adeguati.
rassegna stampa: la Repubblica 15 settembre 2015
http://www.repubblica.it/solidarieta/volontariato/2015/09/15/news/caritas-122912482/?ref=HREC1-4
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UN LABORATORIO DI PENSIERO E RIFLESSIONE FATTO DAI LAVORATORI:
il diario della crisi
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