MILANO - L'onda lunga
della recessione economica, con la disoccupazione che non si schioda dai
massimi storici oltre il 12% e le innumerevoli crisi aziendali che
portano esasperazione, genera condizioni di vita difficili per gli
italiani, anche se in miglioramento rispetto al 2012. L'anno scorso,
infatti, il 28,4% delle persone residenti in Italia risulta a rischio di
povertà o esclusione sociale, secondo la definizione adottata
nell'ambito della strategia Europa 2020. L'indicatore deriva dalla
combinazione del rischio di povertà (calcolato sui redditi 2012), della
"grave deprivazione materiale" e della "bassa intensità di lavoro" e
corrisponde alla quota di popolazione che sperimenta almeno una di
quelle condizioni.
Lo rende noto l'Istat, che calcola anche che le famiglie italiane hanno percepito un reddito disponibile netto pari in media a 29.426 euro, circa 2.452 euro al mese. Tuttavia, poiché la distribuzione dei redditi è asimmetrica, la maggioranza delle famiglie ha conseguito un reddito inferiore all'importo medio. Se si calcola il valore mediano, ovvero il livello di reddito che separa le famiglie in due metà uguali, è possibile affermare che il 50% delle famiglie residenti in Italia ha percepito un reddito non superiore a 24.215 euro (2.017 euro al mese). Nel 2012, il reddito netto familiare è rimasto stabile rispetto all'anno precedente (sia in media, sia in mediana).
Rispetto al 2012, l'indicatore sulla povertà diminuisce di 1,5 punti percentuali, a seguito della diminuzione della quota di persone in famiglie gravemente deprivate (dal 14,5% al 12,4%); stabile la quota di persone in famiglie a rischio di povertà (19,1%) e in leggero aumento quella di chi vive in famiglie a bassa intensità lavorativa (dal 10,3% all'11%). La diminuzione della grave deprivazione, rispetto al 2012, è determinata dalla riduzione della quota di individui in famiglie che, se volessero, non potrebbero permettersi un pasto proteico adeguato ogni due giorni (dal 16,8% al 14,2%), di coloro che non riescono a sostenere spese impreviste di 800 euro (dal 42,5% al 40,3%) o non hanno potuto riscaldare adeguatamente la propria abitazione (dal 21,2% al 19,1%).
Il rischio di povertà o esclusione sociale mostra la diminuzione più accentuata al Centro e al Nord (-7,7% e -5,9% rispettivamente), mentre nel Mezzogiorno, dove si registra una diminuzione del 3,7%, il valore si attesta al 46,2% (più che doppio rispetto al resto del Paese).
Lo rende noto l'Istat, che calcola anche che le famiglie italiane hanno percepito un reddito disponibile netto pari in media a 29.426 euro, circa 2.452 euro al mese. Tuttavia, poiché la distribuzione dei redditi è asimmetrica, la maggioranza delle famiglie ha conseguito un reddito inferiore all'importo medio. Se si calcola il valore mediano, ovvero il livello di reddito che separa le famiglie in due metà uguali, è possibile affermare che il 50% delle famiglie residenti in Italia ha percepito un reddito non superiore a 24.215 euro (2.017 euro al mese). Nel 2012, il reddito netto familiare è rimasto stabile rispetto all'anno precedente (sia in media, sia in mediana).
Rispetto al 2012, l'indicatore sulla povertà diminuisce di 1,5 punti percentuali, a seguito della diminuzione della quota di persone in famiglie gravemente deprivate (dal 14,5% al 12,4%); stabile la quota di persone in famiglie a rischio di povertà (19,1%) e in leggero aumento quella di chi vive in famiglie a bassa intensità lavorativa (dal 10,3% all'11%). La diminuzione della grave deprivazione, rispetto al 2012, è determinata dalla riduzione della quota di individui in famiglie che, se volessero, non potrebbero permettersi un pasto proteico adeguato ogni due giorni (dal 16,8% al 14,2%), di coloro che non riescono a sostenere spese impreviste di 800 euro (dal 42,5% al 40,3%) o non hanno potuto riscaldare adeguatamente la propria abitazione (dal 21,2% al 19,1%).
Il rischio di povertà o esclusione sociale mostra la diminuzione più accentuata al Centro e al Nord (-7,7% e -5,9% rispettivamente), mentre nel Mezzogiorno, dove si registra una diminuzione del 3,7%, il valore si attesta al 46,2% (più che doppio rispetto al resto del Paese).
rassegna stampa: Repubblica 30.10.2014