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mercoledì 13 gennaio 2016

Bond bancari, Cds e il prezzo del rischio

di VITTORIA PULEDDA

l rendimento? E' funzione del rischio: più un prodotto finanziario è rischioso, più deve essere redditizio, per convincere i potenziali sottoscrittori (avvertiti) ad investire. La regola aurea non viene però applicata quando il sottoscrittore è ignaro dei rischi che sta correndo (come si è visto con i bond subordinati delle quattro banche finite in "risoluzione"). D'ora in poi, sarà bene fare molta attenzione al grado di rischio che un istituto di credito esprime: le banche non sono tutte uguali, alcune sono più solide, altre hanno meno credibilità sul mercato. E c'è un modo per orientarsi, un valore sintetico - non infallibile ma segnaletico - che spiega quanto sia rischiosa una banca (ma anche una società e un paese sovrano): il Cds.

Il Credit default swap dà un prezzo alle probabilità che questa attività fallisca e la assicura: più il premio (il prezzo del Cds) è alto e maggiore è la possibilità che l'evento si realizzi. Non tutte le banche hanno un Cds (che viene scambiato sul mercato ed ha un prezzo pubblico, che varia ogni giorno) ma per quelle che ce l'hanno può costituire una buona base per capire se il rendimento offerto dai bond dell'istituto è corretto o meno. Finora queste obbligazioni hanno avuto rendimenti paramentrati ai titoli di Stato di pari lunghezza, ma il Cds a cinque anni della Repubblica italiana è di poco sotto i 100 punti, lo stesso valore espresso da Intesa
Sanpaolo, mentre quello di Unicredit è a 136 e quello di Mps a 279 punti, passando per i 180 di Bpm, i 167 di UBi e i 204 di Banco Popolare, per fare qualche esempio.

Gli stati sovrani non hanno tutti la stessa solidità finanziaria percepita: se l'Italia, è a 96 la Germania è a 12 e la Grecia a 1.000. Lo stesso discorso vale per le banche: sarà bene pretendere la giusta remunerazione, quando si prestano i propri soldi (comprando un bond).
 
rassegna stampa, la repubblica, (06 gennaio 2016)