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martedì 30 giugno 2015

Grexit "Greci, votate per salvare la democrazia" I grandi economisti sostengono Alexis Tsipras

Piketty, Stiglitz e Krugman concordano sul fatto che dalla crisi greca vi sia solo una via d'uscita: quella di opporsi ai disegni della troika. Che sta portando l'Europa alla fame e lontana dai popoli.

di Luca Steinmann 

Greci, votate per salvare la democrazia 
I grandi economisti sostengono Alexis Tsipras








    L'esito del referendum che si terrà in Grecia è ancora incerto, ma i greci stanno ricevendo pressioni e consigli da tutto il mondo su come decidere. Se naturalmente dall'Europa arrivano inviti a votare a favore del saldo dei debiti, non sono dello stesso parere i maggiori economisti internazionali, che ritengono che con l'austerità sia in pericolo non solo l'economia, ma anche la libertà democratica.

A sostenere Tsipras a spada tratta è l'economista francese Thomas Piketty. Da molti considerato come un'economista di sinistra, Piketty rifiuta questa etichetta, preferendo essere considerato come colui che "tenta di smontare le ipocrisie delle cancellerie europee". Dal suo punto di vista "Syriza è l'ultima spiaggia dell'Europa, dove la tensione è talmente alta che sta per scoppiare". Sostenere il governo greco vuole dire promuovere un'auspicabile "revisione totale dell'attuale politica basata sull'austerity che sta uccidendo il Sud dell'eurozona".

Sul banco degli imputati per questa situazione porta Jean-Claude Juncker - "un ipocrita che per vent'anni ha condotto il Lussemburgo a una sistematica depredazione dei profitti industriali del resto d'Europa" - e soprattutto la Germania. Definendo l'odierna situazione greca come post-bellica, " ricorda ai tedeschi dei maxi-condoni sui propri debiti di cui usufruirono nei due dopoguerra , che permise loro di finanziare la ricostruzione e la prepotente crescita degli anni successivi" alla quale si deve l' odierna forza economica e politica di Berlino . L'unico modo possibile per salvare la Grecia e l'Europa, dunque, è di non costringere la prima a pagare i debiti fino all'ultimo euro. Votando per il no i greci contribuirebbero dunque a fare ripartire non soltanto il proprio paese ma tutto lo sviluppo europeo.

"La Grecia deve votare no e il governo deve essere pronto a uscire dall'euro", Non usa mezzi termini neanche l'economista americano Paul Krugman. Professore di Economia e di Relazioni Internazionali all'Università di Princeton, nel 2008 ha vinto il Premio Nobel per l'economia grazie ai suoi studi riguardanti la teoria del commercio, nelle quali presenta i vantaggi che le economie dei paesi potrebbero derivare dall'imposizione di barriere protezionistiche.

Affidando il suo pensiero al New York Times , Krugman scrive che "la Grecia rende ovvio che la creazione dell'euro è stato un errore terribile che ha portato a un punto di non ritorno". Le responsabilità sarebbero da attribuire alle politiche di austerità e alla moneta unica. "Il collasso dell'economia greca non è imputabile solo agli errori che il suo governo ha fatto fino al 2008, ma soprattutto alle misure di austerità e all'euro". Le prime avrebbero potuto essere di successo se avessero reso competitive le esportazioni. Essendo questo impossibile senza avere una propria moneta, l'uscita dall'euro può essere l'unica soluzione per bilanciare l'altissima disoccupazione e il taglio delle pensioni che sono le conseguenze principali delle imposizioni della troika.



Il premier greco, intervistato in televisione sul referedum del 5 luglio con il quale la Grecia di fatto dovrà decidere se restare o meno dentro l'euro: "La decisione verrà presa dal popolo greco. Se si vuole continuare in perpetuo con piani e misure di austerità che ci renderanno incapaci di alzare la testa, con migliaia di giovani che lasceranno il paese per andare all'estero e tassi di disoccupazione alti noi rispetteremo la scelta, ma non la porteremo avanti"













Krugman non nega che la Grexit possa portare gravi problemi quali il rischio di un caos finanziario, il blocco di alcuni business, la crisi del sistema bancario e incertezze legali sullo stato del debito. Tutti fatti che hanno spinto i governi greci, anche Syriza, ad accettare l'austerity, sperando che la troika un giorno sarebbe venuta loro incontro. Cosa che non si è verificata e che, a quanto pare, continuerà a non avvenire. Ciò che i creditori hanno offerto a Tsipras è stato infatti un "prendere o lasciare" che se accettato avrebbe tolto al premier la legittimità conferitagli dal voto popolare che gli chiedeva di opporsi alle misure dei creditori.

L'obiettivo della troika è dunque quello di destabilizzare Tsipras, cosa che avverrebbe se i greci votassero per il si. Krugman li invita però a non farlo assolutamente: "perché le misure di austerità hanno mostrato di essere fallimentari e continueranno ad esserlo; ma soprattutto perché votando per la troika abbandonerebbero definitivamente ogni pretesa di indipendenza" e darebbero al mondo l'idea di essere dei burattini in mano ai tecnocrati. La scelta è tra la resistenza all'austerità e l'eterna depressione economica.

"Se fossi greco saprei chi votare" . Dalle pagine del Guardian anche Joseph Stiglitz invita a sostenere il fronte del no. L'economista americano e premio Nobel per l'economia aveva già in passato analizzato gli errori delle istituzioni economiche internazionali nelle gestioni delle crisi finanziarie. Particolarmente critico nei confronti del Fondo Monetario internazionale, Stiglitz lo accusa di imporre politiche economiche che rispondono alle esigenze dei paesi più forti – soprattutto gli Stati Uniti – che si rivelavano inefficaci o addirittura di ostacolo per il superamento delle crisi, a discapito delle nazioni più povere. E' questo il caso della Grecia, dove in gioco c'è soprattutto la democrazia. Contenuti questi che sono stati espressi in una  lettera appello rivolta ai leader europei  da lui firmata insieme a Piketti e altri economisti, pubblicata sul Financial Times.

Per questo i greci devono votare no. Devono pensare a salvare se stessi e la propria capacità di determinare democraticamente il proprio futuro, perché non sono loro i responsabili dei drammi che stanno vivendo. "Quasi nulla dei prestiti concessi dai creditori sono andati al popolo, ma sono serviti per pagare i creditori privati, tra cui molte banche tedesche e francesi". I leader europei fanno credere ai greci di essere direttamente indebitati con loro per poterli ricattare e "fare accettare loro l'inaccettabile", qualora vincesse il sì. Un voto questo, che sarebbe in palese contraddizione con quanto espresso con le elezioni di gennaio, quando a Tsipras veniva chiesto di porre fine alle misure di austerità.

Una vittoria del sì mostrerebbe come l'Europa sia in grado di manipolare il volere dei cittadini, facendo cambiare loro opinione in base ai propri interessi economici. L'invito a votare sì da parte dei creditori mostra come "il concetto di legittimazione popolare sia incompatibile con le politiche dell'eurozona". Quella che la Grecia deve vincere è una battaglia per la democrazia. Gli ellenici hanno la possibilità e il dovere di entrare nella storia mostrando al mondo quanto il progetto europeo sia l'antitesi della democrazia. Per questo Stiglitz saprebbe bene chi votare.
rassegna stampa: L'Espresso 30 giugno 2015