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martedì 9 giugno 2015

Il rapporto Sos giovani disoccupati Ocse: Italia penultima


MASSIMO IONDINI

   Appena il 52,8% dei 25-29enni ha un posto. Dietro di noi soltanto la Grecia. Ma è sul rapporto tra competenze e lavoro che il nostro Paese è il peggiore con il 54,3% che non usa il pc.
Drammatico, ma non sorprendente. L'Italia è al penultimo posto tra i Paesi dell'Ocse per occupazione giovanile.
Soltanto il 52,8% dei giovani tra i 25 e i 29 anni ha infatti un lavoro, mentre la media dell'area Ocse è del 73,7%. Numeri che fotografano una pesante realtà, del resto da tempo sotto gli  occhi di osservatori e analisti. Basti pensare che tra il 2007 (quando era del 64,33%) e il 2013 la percentuale di occupazione è scesa di ben 12 punti, pagando certamente l'effetto della lunga e pesante crisi economica.
Un calo tra i più elevati nell'area Ocse, insieme alla citata Grecia (-23,9 punti), alla Spagna (-20,5) e all'Irlanda (-14,2).

Sono i dati del rapporto 2015 dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico Skills outlook, che studia le relazioni tra competenze e lavoro e le problematiche dell'occupazione
giovanile. In Europa peggio dell'Italia c'è solo la Grecia con il 48,5%. In fondo alla classifica, ma
davanti all'Italia nella classifica Ocse ci sono Spagna (58,1%) e Slovacchia (66,9%). Il Paese con la maggiore percentuale di giovani occupati è invece la virtuosa Olanda (81,7%), seguita da
Austria (81,4%) e Giappone (81,2%).

Ma ad allarmare è soprattutto il dato complessivo dei giovani disocccupati nei Paesi Ocse. Sono ben 35 milioni, tra i 16 e i 29 anni di età, i giovani che non lavorano né sono inseriti in un percorso di formazione. Si tratta dei cosidettì Neet (neither employed nor in education or training) presenti
soprattutto nei Paesi dell'Europa meridionale, i più colpiti dalla crisi.

Nel 2008 erano il 19,15% e ora sfiorano il 27% quelli che non sono inseriti nel sistema scolastico e formativo e non cercano lavoro. Un «inaccettabile spreco di potenziale umano» scrive l'Ócse, avvertendo che questi potrebbero essere «dimenticati» nell'ambito delle «opportunità offerte dai sistemi formativi, sociali e del mercato del lavoro del loro Paese».

«Affrontare questo problema non è solo un imperativo morale, ma anche una necessità economica- dice il segretario generale dell'Ocse, Angel Gurria -. Troppi giovani lasciano la scuola senza aver acquisito le appropriate competenze e, anche quelli che lo fanno, non hanno possibilità di usarle in modo produttivo. Questi giovani spesso hanno davanti un futuro difficile e hanno bisogno di tutto il
nostro supporto».

L'Italia purtroppo con il 17,75% è seconda tra i Paesi Ocse (dietro la Spagna con il 23,21%) per percentuale di giovani under 25 che hanno abbandonato la scuola prima di aver terminato le superiori e non stanno seguendo alcun altro tipo di educazione.
E l'abbandono scolastico incide sullo scarso livello di competenze.

Qui l'Italia è in testa alle classifiche Ocse per percentuale di giovani in età lavorativa e adulti con scarse competenze in lettura, rispettivamente il 19,7% e il 26,36%, secondo i dati del test del Programma per la misurazione delle competenze degli adulti (Piac) condotto nel2012.
Non va molto meglio sul fronte delle competenze matematiche, in cui gli italiani sono primi per percentuale di bad performers nélla fascia d'età 30-54 anni (29,76%), e secondi in quella dei 16-
29 anni (25,91%, dietro al 29,01% degli Usa).

Del resto in ltalia ben il 31,56% dei giovani svolge un «lavoro di routine» (che non richiede cioè l'utilizzo di competenze specifiche), mentre abbiamo la più elevata percentuale di 16-19enni
(il 54,3%) che non sa usare e non usa il computer sul posto di lavoro.

rassegna stampa: Avvenire