(AGI) - Roma, 1 mar. - Il declassamento dell'Italia da parte di
S&P il 19 settembre 2011 fu fatto per far guadagnare 2,5
miliardi alla banca d'affari Morgan Stanley, azionista della
stessa agenzia di rating. Questa la nuova, pesante accusa,
della procura di Trani fatta nei confronti di S&P e della banca
americana e rilanciata oggi sulle pagine del Corriere della
Sera. Immediata la risposta di Standard&Poor's che respinge con
fermezza ogni addebito. "Queste recenti accuse, come quelle
precedenti fatte dal pubblico ministero, sono senza fondamento,
e ci aspettiamo che vengano respinte dalla corte".
Secondo i nuovi atti depositati dalla procura nel processo
per manipolazione del mercato a carico dell'agenzia di rating,
emergerebbe che l'Italia, dopo il declassamento deciso da S&P
il 19 settembre 2011, pago' a Morgan Stanley 2,5 miliardi di
euro cosi' come era previsto da una clausola del contratto di
finanziamento della banca d' affari statunitense. Particolare
di non poco conto e' il fatto che Morgan Stanley e' tra gli
azionisti di Mc Graw Hill, il colosso che controlla Standard &
Poor' s. Il processo a carico dell'agenzia di rating
riprendera' il 5 marzo prossimo dinanzi al Tribunale di Trani e
in quella sede si vedra' come si difenderanno gli accusati.
Il giornale ricorda come quel declassamento (da A a BBB+)
fosse ritenuto dagli esperti ingiusto. Per quell'intervento
alcuni dirigenti di S&P e dell'altra agenzia di rating Fitch
sono stati rinviati a giudizio. (AGI)
.
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