Il sistema di credito parallelo, creato per far fronte al vertiginoso
sviluppo del dragone, ha assunto proporzioni tali da suscitare
preoccupazione nell'Accademia Cinese di Scienze Sociali, la maggiore
agenzia governativa, mentre per Fitch a lei sarebbe da imputare gran
parte del debito cinese che si è gonfiato - considerando anche le
passività delle famiglie - fino al 251% del Pil.
MILANO - Il pericolo viene da oriente. E si chiama shadow banking.
Con 27.000 miliardi di yuan, pari a 4.400 miliardi di dollari, mette a
rischio non solo la stabilità cinese, ma anche quella dell'intera
finanza mondiale. Il sistema di credito parallelo, creato per far fronte
al vertiginoso sviluppo del dragone, ha assunto proporzioni tali da
suscitare preoccupazione nell'Accademia Cinese di Scienze Sociali, la
maggiore agenzia governativa, mentre per Fitch a lei sarebbe da imputare
gran parte del debito cinese che si è gonfiato - considerando anche le
passività delle famiglie - fino al 251% del Pil. La conseguenza più
immediata e visibile del modello bancario ombra sono stati i casi di
bancarotta di aziende insolventi che si sono verificate negli ultimi
anni; come quello del gruppo Chaori Solar, fallita per non aver potuto
pagare 89,8 milioni di yuan di bond in scadenza o di default evitati in
extremis da interventi di Stato come per China Credit Trust. Abbiamo
cercato di capire se esista davvero un rischio sistemico con Alberto
Forchielli fondatore di Mandarin Capital Partners e presidente di
Osservatorio Asia.
"Lo shadows banking - dice Forchielli - è figlio della cosiddetta
financial repression. Famiglie depredate dei propri risparmi da banche
che pagano interessi bassissimi e difficilissimo accesso al credito per
le imprese. Il mondo banca ombra nasce per venire incontro a queste due
difficoltà. Si sono create gestioni patrimoniali in cui i risparmiatori
investono in fondi che a loro volta prestano alle imprese. Il mercato si
disintermedia e viene gestito da operatori terzi, a volte esterni a
volte interni alle banche stesse. Le banche tradizionali sono riuscite a
non perdere clienti creando prodotti ad hoc non rappresentati in
bilancio ma su cui lucrano forti commissioni. Si vive in questa
ambiguità. Bank of China, Bank of Communication ecc hanno cavalcato il
fenomeno attraverso strutture interne, facendo sottintendere di fornire
inseme al prodotto la garanzia della banca quando in realtà la banca non
garantisce niente. Il fenomeno si è ingrandito a dismisura fino a
rappresentare il 30% del mercato bancario in un effetto domino. Non
esisteva nessuna supervisione, i soldi andavano a soggetti più o meno
raccomandabili con forti rischi di insolvibilità. A un certo punto ci si
è chiesti cosa sarebbe successo se il fenomeno fosse esploso. Le
autorità negli ultimi due anni hanno fatto controlli severi, hanno
emanato direttive in materia. Ci sono stati alcuni fallimenti in cui il
governo locale è intervenuto per ripagare i debiti".
Più lungimiranti degli americani dunque?
Il fenomeno dei derivati negli Usa era molto più ampio. In Cina non ci
sono barriere giuridiche, non c'è dibattito sul fatto che lo Stato debba
intervenire. Questo concetto di moral hazard in America è visto come il
diavolo. Se il risparmiatore si è fatto truffare peggio per lui, non
può pensare che lo Stato intervenga. Ci sono stati default di aziende
cinesi di cui non si è saputo nulla da noi, un po' perché le notizie non
trapelano un po' perché in Cina sono più reattivi. Questo non vuol dire
che non ci sia rischio nel sistema finanziario cinese. Non possiamo
cantare vittoria sullo shadows banking.
Qual è l'andamento dell'economia cinese oggi?
Il paese alterna momenti di immissione di liquidità e momenti di stretta
sulla liquidità. E' una tarantella. Il governo capisce che le riforme
passano attraverso la stretta dei prestiti ma, appena l'economia
rallenta e le proteste dei operatori economici si innalzano, la banca
centrale si sente costretta a rimmettere liquidità. Sta andando a
singhiozzo. Nessuno ha coraggio di dare vera stretta per paura di
frenare l'economia, nessuno però ha il coraggio di mantenere una
politica espansiva all'infinito.
Il timore è che quello che accade in Cina si ripercuota sul resto del mondo?
Il mercato dei capitali cinese è isolato, non c'è da temere. Non avremo
una crisi dei mercati capitali cinesi perché il governo interviene prima
e subito. Se mai ci dovesse essere impatto sui mercati finaziari
globali sarebbe limitato perché mercato cinese è chiuso. La posizione
sull'estero è molto forte per cui l'effetto Wall Street 2009 non ci
sarebbe. Ci potrebbe essere invece un impatto se le banche dovessero
essere in difficoltà tali che il governo non fosse in grado di
intervenire. Si avrebbe allora uno schiacciamento della crescita
dell'economia cinese e quindi mondiale. In realtà quello che la Cina sta
facendo è un rallentamento controllato della crescita. Per ovviare a
tante distorsioni sta avviando riforme che rallentino la crescita.
Rallentamento quindi voluto?
Il rallentamento è assolutamente voluto, ma il problema è: sarà
sufficiente o bisognerà frenare di più? E in questo caso, l'economia del
paese regge o non regge? Siccome si tratta di un'economia basata su
alta crescita, se si abbassa la crescita vengono fuori diversi nei:
debiti incagliati, perdite delle imprese. Molti ritengono che la Cina
non possa frenare sotto un certo livello perché il sistema non è
preparato.
Secondo Standard&Poors l'indebitamento della Cina supererà quello di Europa e Usa nel 2016, è realistico?
È esattamente quello di cui stiamo parlando. È la crescita del credito
totale sul pil. Il credito delle banche è cresciuto in maniera atroce
rispetto al pil. I cinesi hanno vissuto troppo di credito, e non è
credito al consumo, non sono mutui, ma sono crediti nei confronti di
aziende pubbliche e governi locali. Questo è una bomba, l'economia
troppo dipendente
dal credito diventa un'economia bolla. Dunque la Cina è in bolla. Ora
si cerca di sgonfiare la bolla gradualemte stringendo su credito ombra,
stringendo sul credito banche, stringendo sulla liquidità però sono cose
che fan male all'economia.
rassegna stampa: la repubblica - 29 marzo 2015- di LIVIA ERMINI
http://www.repubblica.it/economia/2015/03/29/news/high_frequency_trade_forchielli-110538821/
@GORA' :
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il diario della crisi
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