Uno studio realizzato dal Fondo monetario internazionale ribadisce
l'importanza di un forte potere contrattuale dei lavoratori per
mantenere equilibri economici più sostenibili
ROMA - Il turbo
capitalismo negli ultimi decenni ha potuto fare enormi profitti e
concentrare enormi ricchezze nelle mani di un numero sempre più
ristretto di persone grazie anche alla perdita di forza contrattuale da
parte dei sindacati. E' la conclusione a cui è arrivato non un centro
studi della sinistra radicale, ma una delle istituzioni più importanti
del liberalismo e fautrice della globalizzazione come il Fondo
monetario internazionale.
Il declino del numero dei lavoratori iscritti ai sindacati spiega metà
dell'aumento di 5 punti della concentrazione del reddito nel 10% più
ricco della popolazione nei paesi avanzati tra il 1980 e il 2010,
concludono le economiste del Fmi Florence Jaumotte e Carolina Osorio
Buitron in una ricerca in via di pubblicazione. "L'indebolimento dei
sindacati riduce il potere contrattuale dei lavoratori rispetto a quello
dei possessori di capitale, aumentando la remunerazione del capitale
rispetto a quella del lavoro" e porta le aziende ad assumere decisioni
che avvantaggiano i dirigenti, per esempio sui compensi dei top
manager", affermano le due studiose anticipando i risultati della
ricerca sulla rivista dell'Fmi 'Finance & Development'.
Lo studio, intitolato 'Power from the people', esamina diverse misure
dell'iniquità (dalla quota di reddito del 10% più ricco della
popolazione all'indice di Gini) per i paesi ad economia avanzata. Anche
considerando l'impatto della tecnologia, della globalizzazione,della
liberalizzazione finanziaria e del fisco, i risultati confermano che "il
declino della sindacalizzazione è fortemente associato con l'aumento
della quota di reddito" nelle mani dei ricchi. Questa iniquità, ricorda
ancora la ricerca, secondo recenti studi, può portare ad una crescita
minore e meno sostenibile ed essere nociva per la società "perché
consente ai più ricchi di manipolare in proprio favore il sistema
economico e politico", come è emerso anche da uno studio del premio
Nobel Joseph Stiglitz.
Le conclusioni del lavoro svolto sotto il patrocinio dell'Fmi sono state
subito fatte proprie dai leader sindacali per rilanciare le loro
posizioni. Secondo la segretaria della Cgil, Susanna Camusso, "esce
confermato lo straordinario bisogno di sindacato che hanno tutte le
società moderne, non solo come elemento di regolazione e di tutela, ma
come straordinario fattore di crescita, di eguaglianza, di salvaguardia
materiale e di promozione dei diritti". "Penso che questo studio - ha
proseguito - debba far riflettere i tanti sostenitori dell'inutilità
della mediazione politica, economica e sociale svolta dai corpi
intermedi". "Quando il sindacato è presente - ha concluso - i risultati
in termini di protezione economica sono molto maggiori di qualsiasi
altro strumento, sia esso il reddito di cittadinanza o il salario minimo
deciso dalla politica".
"E' certamente positivo che anche il Fondo Monetario Internazionale
riconosca il legame tra la sindacalizzazione, una migliore
redistribuzione della ricchezza e l'equità dei sistemi economici", ha
commentato da parte sua il segretario generale della Cisl, Annamaria
Furlan, ricordando come l'aumento delle diseguaglianze non comporta
"solo emarginazione ed esclusione sociale ma anche un ostacolo alla
crescita economica complessiva". Il segretario generale della Uil,
Carmelo Barbagallo, ha sottolineato infine come "da lungo tempo
la Uil sostiene che c'è bisogno di più sindacato e di più
contrattazione in Italia, in Europa e nel mondo. Il sindacato ha sempre
avuto la funzione di riequilibrare gli assetti sociali ed economici di
un paese: una funzione non gradita a molti potentati".
rassegna stampa: La Repubblica 23 marzo 2015
http://www.repubblica.it/economia/2015/03/21/news/ricerca_fmi_sindacati-110139858/
@GORA' :
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UN LABORATORIO DI PENSIERO E RIFLESSIONE FATTO DAI LAVORATORI:
il diario della crisi
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