MILANO - Più di otto contribuenti su dieci percepiscono un reddito prevalente dipendente, che varia parecchio a seconda del datore di lavoro: il reddito medio più basso, 10.680 euro, tocca ai lavoratori dipendenti il cui datore è una persona fisica (1,5 milioni di dipendenti); il valore sale a 13.960 euro per i dipendenti di società di persone (1,4 milioni), a 22.400 euro per i dipendenti della Pubblica Amministrazione (3,5 milioni), mentre il reddito medio più elevato, pari a 23.580 euro, si registra per i dipendenti delle società di capitali (10,3 milioni). Guardando agli studi di settore, i professionisti sono al top per assegni (42.100 euro, -2,9% rispetto al 2012), seguiti dalle attività manifatturiere (29.000 euro, +6,8%) e dai servizi (23.500 euro, -2,7%). Il reddito dichiarato più basso è nel commercio (17.500 euro, +2%).
Nel complesso, un terzo degli italiani dichiara al Fisco di avere un reddito sotto i 10mila euro: secondo il dipartimento delle finanze, il 32,19% dei contribuenti (in totale sono 40,989 milioni) ha dichiarato un reddito che non supera i 10mila euro. Corniciai, titolari di mercerie, rivenditori di auto e negozi di abbigliamento rientrano tutti tra gli incapienti. Secondo i dati Mef sugli studi di settore, il loro reddito di impresa è infatti rimasto nel 2013 sotto la soglia degli 8.000 euro. Non bene se la passano, secondo le dichiarazioni, anche tintorie (8.100 euro), giocattolai (8.200) e librai (9.600).
Sono i dati sulle dichiarazioni Irpef ampliati e pubblicati da parte del Mef rispetto alle comunicazioni di inizio aprile. Il Tesoro dice che l’82,6% dei circa 41 milioni di contribuenti Irpef detiene prevalentemente reddito da lavoro dipendente o pensione e solo il 5,9% del totale ha un reddito prevalente derivante dall’esercizio di attività d’impresa o di lavoro autonomo, in linea con l’anno precedente. La percentuale di coloro che detengono in prevalenza reddito da fabbricati è pari al 3,8% (in aumento rispetto al 2,5% del 2012, per effetto delle novità Irpef sui redditi immobiliari). Dall’analisi integrata delle dichiarazioni dei dipendenti con quelle dei propri datori di lavoro si osserva che circa il 78% dei dipendenti ha prestato servizio presso lo stesso datore di lavoro nell’arco dell’anno, mentre il restante 22% ne ha avuti due o più. Rispetto alla natura giuridica del datore di lavoro, si rileva che il 54% dei lavoratori dipendenti presta servizio presso società per azioni, società a responsabilità limitata e società cooperative, seguiti da coloro che sono occupati presso enti pubblici (14%), ditte individuali (9%), società di persone (8%) ed enti e istituti di previdenza e assistenza sociale (6%).
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Gli Studi di Settore nel 2013 sono stati applicati a circa 3,6 milioni di soggetti (di cui il 65% persone fisiche), con una lieve diminuzione (-0,8%) rispetto all’anno precedente. Il reddito totale dichiarato, pari a 98 miliardi di euro, mostra una variazione negativa (-1,8% rispetto al 2012) che riflette principalmente gli andamenti ciclici registrati nel 2013, anno in cui il Pil è calato dell’1,7% in termini reali rispetto all’anno precedente (-0,4% in termini nominali). Il reddito medio dichiarato è risultato pari a 25.400 euro per le persone fisiche (-1,2% rispetto all’anno precedente), a 35.500 euro per le società di persone (-1,0%) e a 23.800 euro per le società di capitali ed enti (+0,8%). Rispetto all’attività esercitata (considerando tutti i soggetti che applicano gli Studi di Settore), il reddito medio più elevato, analogamente al 2012, si è registrato nel settore delle attività professionali (42.100 euro, -2,9% rispetto all’anno precedente), seguito dal settore delle attività manifatturiere (29.000 euro, +6,8%) e dal settore dei servizi (23.500 euro, -2,7%), mentre il reddito medio dichiarato più basso si è registrato nel commercio (17.500 euro, +2,0%). Significativa è la differenza tra il reddito medio dei soggetti “congrui” rispetto a quello dei soggetti non “congrui": escludendo i soggetti di minori dimensioni, si passa complessivamente da un reddito medio di 41.300 euro per i soggetti congrui ad una perdita media di 8.600 euro per quelli non congrui.
La dichiarazione Iva riguarda circa 5,3 milioni i contribuenti, per l’anno d’imposta 2013, con un lieve calo rispetto all’anno precedente (-1,4%), che riflette principalmente la mancata presentazione della dichiarazione da parte dei soggetti in “regime fiscale di vantaggio”. L’Iva di competenza dell’anno d’imposta, definita come saldo tra Iva a debito e Iva detraibile, mostra un incremento dell’1,7%. Tale andamento è influenzato dall’aumento dell’aliquota ordinaria al 22% a partire dal 1° ottobre 2013. L’incremento è imputabile alle sole società di capitali (+3,3%), mentre si registra un calo per le ditte individuali (-3,7%) e per le società di persone (-1,9%). Il regime Iva per cassa consente all’imprenditore o al lavoratore autonomo di posticipare il versamento dell’imposta sulle cessioni di beni e le prestazioni di servizi dal momento di effettuazione dell’operazione a quello dell’incasso. Limitatamente alle operazioni le cui fatture non sono state pagate nell’anno, le uniche desumibili dalle dichiarazioni, sono circa 35.000 i
rassegna stampa: La Repubblica, 28.05.2015
http://www.repubblica.it/economia/2015/05/28/news/irpef_mef-115490487/