"Buongiorno a voi tutti, donne e uomini, che siete radunati oggi per riflettere sul tema: Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita.
In occasione della mia visita alla FAO ricordavo come, oltre
all'interesse "per la produzione, la disponibilità di cibo e l'accesso a
esso, il cambiamento climatico, il commercio agricolo" che sono
questioni ispiratrici cruciali, "la prima preoccupazione dev’essere la
persona stessa, quanti mancano del cibo quotidiano e hanno smesso di
pensare alla vita, ai rapporti familiari e sociali, e lottano solo per
la sopravvivenza" (Discorso alla FAO, 24 novembre 2014).
Oggi, infatti, nonostante il moltiplicarsi delle organizzazioni e i
differenti interventi della comunità internazionale sulla nutrizione,
viviamo quello che il santo Papa Giovanni Paolo II indicava come
"paradosso dell'abbondanza". Infatti, "c'è cibo per tutti, ma non tutti
possono mangiare, mentre lo spreco, lo scarto, il consumo eccessivo e
l'uso di alimenti per altri fini sono davanti ai nostri occhi. Questo è
il paradosso! Purtroppo questo paradosso continua a essere attuale. Ci
sono pochi temi sui quali si sfoderano tanti sofismi come su quello
della fame; e pochi argomenti tanto suscettibili di essere manipolati
dai dati, dalle statistiche, dalle esigenze di sicurezza nazionale,
dalla corruzione o da un richiamo doloroso alla crisi economica"
(ibid.).
Per superare la tentazione dei sofismi - quel nominalismo del
pensiero che va oltre, oltre, oltre, ma non tocca mai la realtà - per
superare questa tentazione, vi suggerisco tre atteggiamenti concreti.
1) Andare dalle urgenze alle priorità
Abbiate uno sguardo e un cuore orientati non ad un pragmatismo
emergenziale che si rivela come proposta sempre provvisoria, ma ad un
orientamento deciso nel risolvere le cause strutturali della povertà.
Ricordiamoci che la radice di tutti i mali è la inequità (cfr Evangelii
gaudium, 202). A voi desidero ripetere quanto ho scritto in Evangelii
gaudium: "No, a un'economia dell’esclusione e della inequità. Questa
economia uccide. Non è possibile che non faccia notizia il fatto che
muoia assiderato un anziano ridotto a vivere per strada, mentre lo sia
il ribasso di due punti in borsa" (ibid., 53). Questo è il frutto della
legge di competitività per cui il più forte ha la meglio sul più debole.
Attenzione: qui non siamo di fronte solo alla logica dello
sfruttamento, ma a quella dello scarto; infatti "gli esclusi non sono
solo esclusi o sfruttati, ma rifiuti, sono avanzi" (ibid., 53).
È dunque necessario, se vogliamo realmente risolvere i problemi e
non perderci nei sofismi, risolvere la radice di tutti i mali che è
l'inequità. Per fare questo ci sono alcune scelte prioritarie da
compiere: rinunciare all'autonomia assoluta dei mercati e della
speculazione finanziaria e agire anzitutto sulle cause strutturali della
inequità.
2) Siate testimoni di carità
"La politica, tanto denigrata, è una vocazione altissima, è una
delle forme più preziose della carità perché cerca il bene comune".
Dobbiamo convincerci che la carità "è il principio non solo delle
micro-relazioni: rapporti amicali, familiari, di piccolo gruppo, ma
anche delle macrorelazioni: rapporti sociali, economici, politici"
(ibid., 205).
Da dove dunque deve partire una sana politica economica? Su cosa si
impegna un politico autentico? Quali i pilastri di chi è chiamato ad
amministrare la cosa pubblica? La risposta è precisa: la dignità della
persona umana e il bene comune. Purtroppo, però, questi due pilastri,
che dovrebbero strutturare la politica economica, spesso "sembrano
appendici aggiunte dall'esterno per completare un discorso politico
senza prospettive né programmi di vero sviluppo integrale" (ibid., 203).
Per favore, siate coraggiosi e non abbiate timore di farvi interrogare
nei progetti politici ed economici da un significato più ampio della
vita perché questo vi aiuta a "servire veramente il bene comune" e vi
darà forza nel "moltiplicare e rendere più accessibili per tutti i beni
di questo mondo" (ibid.).
3) Custodi e non padroni della terra
Ricordo nuovamente, come già fatto alla FAO, una frase che ho
sentito da un anziano contadino, molti anni fa: "Dio perdona sempre, le
offese, gli abusi; Dio sempre perdona. Gli uomini perdonano a volte. La
terra non perdona mai! Custodire la sorella terra, la madre terra,
affinché non risponda con la distruzione" (Discorso alla FAO, 24 nov.
2014).
Dinanzi ai beni della terra siamo chiamati a "non perdere mai di
vista né l'origine, né la finalità di tali beni, in modo da realizzare
un mondo equo e solidale", così dice la dottrina sociale della Chiesa
(Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, 174). La terra ci è
stata affidata perché possa essere per noi madre, capace di dare quanto
necessario a ciascuno per vivere. Una volta, ho sentito una cosa bella:
la Terra non è un’eredità che noi abbiamo ricevuto dai nostri genitori,
ma un prestito che fanno i nostri figli a noi, perché noi la custodiamo e
la facciamo andare avanti e riportarla a loro. La terra è generosa e
non fa mancare nulla a chi la custodisce. La terra, che è madre per
tutti, chiede rispetto e non violenza o peggio ancora arroganza da
padroni. Dobbiamo riportarla ai nostri figli migliorata, custodita,
perché è stato un prestito che loro hanno fatto a noi. L'atteggiamento
della custodia non è un impegno esclusivo dei cristiani, riguarda tutti.
Affido a voi quanto ho detto durante la Messa d'inizio del mio
ministero come Vescovo di Roma: "Vorrei chiedere, per favore, a tutti
coloro che occupano ruoli di responsabilità in ambito economico,
politico o sociale, a tutti gli uomini e le donne di buona volontà:
siamo custodi della creazione, del disegno di Dio iscritto nella natura,
custodi dell'altro, dell'ambiente; ......................"rassegna stampa: Avvenire 7 febbraio2015
http://www.avvenire.it/Papa_Francesco/Messaggi%20e%20lettere/Pagine/Videomessaggio-del-Santo-Padre-per-evento-Expo.aspx