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sabato 26 luglio 2014

Sviluppo umano: spettro povertà per 2,3 mld. Italia 26esima, ma per le donne è 61esima


MILANO - In un mondo dove 3,5 miliardi di persone mettono insieme le stesse ricchezze delle 85 più ricche, le Nazioni Unite si sono ritrovate nuovamente a chiedere alla politica uno sforzo comune e coordinato per cercare di livellare le diseguaglianze e diffondere il benessere alle fasce che non lo conoscono. Queste ultime sono molto ampie e come sempre in questi casi i numeri dicono più di ogni altra affermazione: 1 miliardo e 200 milioni di persone vivono con 1,25 dollari o meno al giorno, ma le stime peggiorano se si tengono in considerazione parametri più ampi che quelli semplicemente reddituali.

Le ultime riguardano il Multidimensional Poverty Index, targato Undp, e rivelano che quasi 1,5 miliardi di persone in 91 Paesi in via di sviluppo vivono in povertà, con privazioni che si sovrappongono tra gli ambiti della salute, dell'istruzione o delle condizioni di vita. E nonostante la povertà nel complesso sia in contrazione, ci sono altri 800 milioni di individui che rischiano di scivolarsi se il corso della loro vita o quello del Paese in cui vivono dovesse subire un contraccolpo. 

Alcuni flash che provengono dallo Human Development Report presentato in settimana dalle Nazioni Unite a Tokyo.  Punta il dito sugli aspetti della "vulnerabilità" di moltissime persone, che si sono sedimentati nel tempo come risultato della discriminazione e del fallimento delle politiche socioeconomiche, colpendo gruppi come gli anziani, i migranti, le donne o i giovani, o ancora coloro che hanno disabilità. Per esempio, si scopre che l'80% della popolazione mondiale anziana non ha una sufficiente protezione sociale, che per di più si accompagna a povertà e disabilità.

Ancora, otto persone su dieci, nel mondo, mancano di protezione sociale, mentre il 12% (842 milioni di persone) soffre di fame cronica e quasi la metà di tutti i lavoratori del globo terracqueo sono occupati in maniera precaria o irregolare. Proprio la disoccupazione, soprattutto quella giovanile, è "il" problema crescente per i Paesi in via di sviluppo, in particolare perché sempre più ragazzi intraprendono il percorso scolastico. Khalid Malik, direttore dell'ufficio sullo Sviluppo umano dell'Undp, e principale autore del report, sottolinea infatti al Guardian: "Quando le persone sono più istruite, cambia il loro rapporto con la concezione di cittadinanza, e si aspettano una maggiore gratificazione dal lavoro. Il nostro rapporto mostra quanto si stia ampliando, in maniera sostanziale in Africa, il fossato tra persone che si affacciano al mondo del lavoro e reale disponibilità di posti di lavoro".