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UN LABORATORIO DI PENSIERO E RIFLESSIONE FATTO DAI LAVORATORI:
il diario della crisi

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mercoledì 30 luglio 2014

Maxi stipendi, “buste paga dei manager non dipendono dai risultati aziendali”

Secondo Businessweek, il 99% della "retribuzione esorbitante" degli amministratori delegati "non ha niente a che vedere" con il fatturato e l'andamento del titolo in Borsa, che spiega solo l'1% della busta paga

Maxi stipendi, “buste paga dei manager non dipendono dai risultati aziendali”

Perché gli amministratori delegati prendono stipendi esorbitanti? La rivista americana Businessweek, in un articolo dal titolo “The Pay-per-Performance Myth”, il mito della paga in base al risultato, indaga sulle ragioni che spingono le grandi aziende a pagare cifre altissime ai loro top manager. La risposta più frequente, secondo il giornale pubblicato da Bloomberg, è che “la busta paga è legata ai risultati aziendali”. “Ma i dati confermano questa affermazione?”, si interroga l’articolo.
Per rispondere, Businessweek riprende uno studio condotto dal gruppo californiano Equilar, che periodicamente pubblica i dati sui compensi, in merito alla relazione tra ricavi, profitti, redditività delle azioni e retribuzione degli amministratori delegati di duecento grandi aziende statunitensi. Ebbene, secondo lo studio la correlazione tra l’andamento del titolo in Borsa e la retribuzione è bassissima: solo l’1%. Se si prendono in considerazione, poi, gli altri indici di risultato, come i ricavi e la redditività, l’incidenza della performance è ancora più esigua e si avvicina allo zero. Insomma: il 99% delle maxi buste paga “non ha niente a che vedere con la performance dell’azienda”, recita l’articolo. Che conclude notando che se i risultati fossero un elemento determinante dello stipendio le percentuali sarebbero diverse. Solo in quel caso la ‘Pay-per-Performance’ non sarebbe, effettivamente un ‘mito’.

sabato 26 luglio 2014

Sviluppo umano: spettro povertà per 2,3 mld. Italia 26esima, ma per le donne è 61esima


MILANO - In un mondo dove 3,5 miliardi di persone mettono insieme le stesse ricchezze delle 85 più ricche, le Nazioni Unite si sono ritrovate nuovamente a chiedere alla politica uno sforzo comune e coordinato per cercare di livellare le diseguaglianze e diffondere il benessere alle fasce che non lo conoscono. Queste ultime sono molto ampie e come sempre in questi casi i numeri dicono più di ogni altra affermazione: 1 miliardo e 200 milioni di persone vivono con 1,25 dollari o meno al giorno, ma le stime peggiorano se si tengono in considerazione parametri più ampi che quelli semplicemente reddituali.

Le ultime riguardano il Multidimensional Poverty Index, targato Undp, e rivelano che quasi 1,5 miliardi di persone in 91 Paesi in via di sviluppo vivono in povertà, con privazioni che si sovrappongono tra gli ambiti della salute, dell'istruzione o delle condizioni di vita. E nonostante la povertà nel complesso sia in contrazione, ci sono altri 800 milioni di individui che rischiano di scivolarsi se il corso della loro vita o quello del Paese in cui vivono dovesse subire un contraccolpo. 

Alcuni flash che provengono dallo Human Development Report presentato in settimana dalle Nazioni Unite a Tokyo.  Punta il dito sugli aspetti della "vulnerabilità" di moltissime persone, che si sono sedimentati nel tempo come risultato della discriminazione e del fallimento delle politiche socioeconomiche, colpendo gruppi come gli anziani, i migranti, le donne o i giovani, o ancora coloro che hanno disabilità. Per esempio, si scopre che l'80% della popolazione mondiale anziana non ha una sufficiente protezione sociale, che per di più si accompagna a povertà e disabilità.

Ancora, otto persone su dieci, nel mondo, mancano di protezione sociale, mentre il 12% (842 milioni di persone) soffre di fame cronica e quasi la metà di tutti i lavoratori del globo terracqueo sono occupati in maniera precaria o irregolare. Proprio la disoccupazione, soprattutto quella giovanile, è "il" problema crescente per i Paesi in via di sviluppo, in particolare perché sempre più ragazzi intraprendono il percorso scolastico. Khalid Malik, direttore dell'ufficio sullo Sviluppo umano dell'Undp, e principale autore del report, sottolinea infatti al Guardian: "Quando le persone sono più istruite, cambia il loro rapporto con la concezione di cittadinanza, e si aspettano una maggiore gratificazione dal lavoro. Il nostro rapporto mostra quanto si stia ampliando, in maniera sostanziale in Africa, il fossato tra persone che si affacciano al mondo del lavoro e reale disponibilità di posti di lavoro".

 

venerdì 25 luglio 2014

Crisi, il dramma del Mezzogiorno: persi 47,7 miliardi di Pil e 32mila imprese

La crisi ha colpito il Sud con "effetti durissimi", servono "interventi robusti per amplificare i timidi segnali positivi", avverte Confindustria. Nel Meridione sono andati in fumo oltre 600mila posti di lavoro perduti,  114mila persone sono in cassa integrazione e quasi 2 giovani su 3 sono disoccupati

mercoledì 23 luglio 2014

risparmio e dipendenti le chiavi della "ripresa economica"

Pubblicati i dati del VI Rapporto sull'impegno sociale delle imprese in Italia: la responsabilità sociale prosegue il cammino di contaminazione del tessuto imprenditoriale passando dal 64% di sociatà del 2011 al 73% del 2014

A leggere il VI Rapporto nazionale sull'Impegno sociale delle imprese, pubblicato a giugno dall'Osservatorio Socialis e condotto dall'Istituto demoscopico Ixè, c'è da chiedersi se sono cambiate le policy aziendali di responsabilità sociale in Italia. Perché al centro dell'attenzione dei manager e delle loro direttive di Corporate Social Responsibility ci sono infatti i consumi, la gestione delle risorse, il corretto utilizzo dell'energia. La quotidianità delle nostre aziende è cambiata e questo è uno dei portati irreversibili della crisi economica.

Fino al 2011,
anno del rapporto precedente, in azienda l'intento di essere "etici", o "socialmente responsabili", si traduceva principalmente nell'organizzazione di donazioni umanitarie. Eventi simbolici, utili certo, quanto però anche episodici, sconnessi da una strategia di largo respiro. A due anni di distanza, molto è cambiato e niente è più affidato all'estemporaneità..... Nuove strategie di responsabilità sociale quindi, che rispondono a nuove ambizioni identitarie delle aziende: secondo il rapporto, la spinta motivazionale più forte nelle nuove strategie di responsabilità sociale d'impresa è la "reputazione" dell'azienda; solo in seconda battuta ci sono aspettative dichiarate sul business e sul clima interno. L'elemento del personale dipendente fornisce un'altra importante chiave di lettura dei dati del VI Rapporto: la centralità dei lavoratori.

E' a loro che l'azienda chiede aiuto per rendere migliore l'impatto delle proprie attività tanto sull'ambiente circostante quanto sulla collettività nel suo complesso. E sono soprattutto i lavoratori, secondo il rapporto, i primi a beneficiare del giro di vite in favore del rispetto dell'ambiente. Nonostante la spiccata motivazione verso il rafforzamento della corporate reputation, il primo vantaggio realmente riconosciuto dalle imprese che hanno attuato una strategia di Corporate Social Responsibility consiste infatti nel miglioramento del clima interno e nel coinvolgimento dei dipendenti. A pensarla così è il 46% delle aziende, mentre solo il 36% registra invece il verificarsi dell'effettivo ritorno reputazionale prospettato all'inizio..."

 

 

 

martedì 22 luglio 2014

Papa Francesco: "Sistema economico sfrutta l'uomo, giogo insostenibile"

Bergoglio all'Angelus in piazza San Pietro esorta a dare ristoro a poveri, immigrati e sfruttati

Di ritorno dalla visita in Molise, Bergoglio si è poi soffermato sull'invito di Gesù, di cui riferisce il Vangelo domenicale: "Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro". Il Signore, ha detto il pontefice, "ha davanti agli occhi le persone che incontra ogni giorno", "gente semplice, poveri, malati, peccatori, emarginati...così dice Lui, e le cercava per annunciare loro il Regno di Dio e per guarire molti nel corpo e nello spirito. Ora li chiama tutti a sé: venite a me, e promette loro sollievo e ristoro".
Questo invito di Gesù, ha sottolineato il Papa, "si estende fino ai nostri giorni, per raggiungere tanti fratelli e sorelle oppressi da condizioni di vita precarie, da situazioni esistenziali difficili e a volte prive di validi punti di riferimento".

Nei Paesi più poveri, "ma anche nelle periferie dei Paesi più ricchi - ha detto - si trovano tante persone stanche e sfinite sotto il peso insopportabile dell'abbandono e dell'indifferenza. L'indifferenza: quanto male fa ai bisognosi l'indifferenza umana. E peggio, quella dei cristiani. Ai margini della società sono tanti gli uomini e le donne provati dall'indigenza, ma anche dall'insoddisfazione della vita e dalla frustrazione. Tanti sono costretti ad emigrare dalla loro Patria, mettendo a repentaglio la propria vita".


 

lunedì 21 luglio 2014

I dati del rapporto Cisl: "Ogni mese più di 10mila rischiano il posto".

Lavoro: a rischio 140mila posti nel 2014. In sei anni di crisi già persi 900mila occupati 

Il manifatturiero e le costruzioni hanno pagato il prezzo più alto: quasi il 90% dei nuovi disoccupati viene da quei settori. Intanto si moltiplicano i tavoli aziendali dall'Alitalia all'Ideal Standard, passando per le Acciaierie di Terni

MILANO - Sono 136.616 mila "i lavoratori a rischio di perdita di lavoro nel corso del 2014", nei settori della manifattura e delle costruzioni. E' la stima fatta dalla Cisl nel suo Rapporto Industria, dal quale emerge che sono più di 10mila i lavoratori che ogni mese rischiano di vedere saltare la propria occupazione. E quel che più preoccupa è che il dato peggiora rispetto alle stime 2013, con 13.486 posizioni in più in pericolo (+11%). I sei anni di crisi, tra il 2008 e il 2013, sono costati al Paese circa 900 mila posti di lavoro di cui 490mila, il 58,9%, nel Sud, solo lo scorso anno.
La Banca d'Italia ha appena certificato nel suo Bollettino trimestrale quanto sia complicata l'uscita dalla recessione: il Pil del 2014 dovrebbe crescere solamente dello 0,2%.

 
Cassa integrazione per 540mila, persi 3.900 euro in busta paga

Tornando al rapporto, è in costante crescita il numero di interventi per le persone che hanno perso il lavoro. Tra il 2010 e il 2013 gli interventi di sostegno sono aumentati del 66,5% fino ad arrivare a 2.186.358. L'incremento maggiore riguarda i lavoratori in mobilità (+81,8%), che ammontavano a 217.597 nel 2013. 
Ancora i numeri della Cisl sono impietosi: tra il 2008 e il 2013, l'industria manifatturiera e le costruzioni hanno subito complessivamente circa l'89% della diminuzione totale degli occupati, rispettivamente con 482mila e 396mila occupati in meno. In un'occupazione in riduzione da anni, è cresciuto solo il lavoro a tempo parziale (+10% nel 2012, +2,8% nel 2013), sia permanente sia a termine, fortemente utilizzato, fin dall'inizio della crisi, per evitare licenziamenti. Come contraccolpo della riorganizzazione delle imprese - fa notare la Cisl - negli ultimi due anni il ricorso agli ammortizzatori sociali ha toccato livelli storici. La Cassa Integrazione anche nel 2013 ha superato il miliardo di ore autorizzate, coinvolgendo almeno 300.000 persone in base al "tiraggio" effettivo.
I dati sulle ore complessive autorizzate di Cassa integrazione nel primo quadrimestre 2014, distribuiti per regioni, mostrano una concentrazione netta in Lombardia (26,2%) e Piemonte (12,4%). 

 

mercoledì 16 luglio 2014

IL CREDITO NEGATO

Secondo una recente ricerca del suo ufficio Studi Confcommercio solo il 3,7 per cento delle imprese del settore del terziario di mercato ha ottenuto un finanziamento dal settore bancario nel primo trimestre del 2014. La percentuale nel 2009 era del 22,2 per cento. La ricerca dice di piú. La scarsità di finanziamenti non deriva solo dalla mancata richiesta da parte delle imprese, ma anche dalla parsimonia, diciamo cosi, delle banche. Nel 2009 il 64% delle richieste veniva accolta, nel 2014 solo il 25 per cento.
Altro come dicono gli autorevoli banchieri (oltre a Patuelli, solo una settimana fa lo diceva anche  Profumo) che sostengono invece che in Italia il sistema creditizio eroghi una percentuale di finanziamenti che supera di circa il 20 per cento la raccolta privata.

L'economia reale, le aziende, le famiglie, i giovani i disoccupati piangono le lacrime dei diseredati ... con buona pace dei banchieri.

mercoledì 9 luglio 2014

Papa Francesco in Molise

    "Non poter portare pane a casa toglie la   
      dignità"  
 
                          Papa Francesco in Molise: "Non poter portare pane a casa toglie la dignità"



  "Lavorare di domenica non è vera libertà". E sugli immigrati: "L'Europa sia più generosa".
 Parole di Bergoglio in visita dopo 19 anni dall'ultimo viaggio pastorale di un pontefice.
...La dignità di lavorare, non la domenica. "Bisogna conciliare i tempi del lavoro con i tempi della famiglia", ha detto il Pontefice, "è un punto critico", che "ci permette di discernere, di valutare la qualità umana del sistema economico in cui ci troviamo". Così "la domenica libera dal lavoro - eccettuati i servizi necessari - sta ad affermare che la priorità non è all'economico, ma all'umano". "Forse è giunto il momento di domandarci se quella di lavorare alla domenica è una vera libertà", ha aggiunto. Francesco ha aggiunto: "Vorrei unire la mia voce a quella di tanti lavoratori e imprenditori di questo territorio nel chiedere che possa attuarsi anche qui un 'patto per il lavoro'". Perché lavorare dà dignità. "Non avere lavoro non è solo non avere il necessario per vivere: no, noi possiamo mangiare tutti i giorni, andare alla Caritas o altre associazioni. Il problema è non portare il pane a casa, questo toglie la dignità", ha detto. "Il problema più grave non è la fame, è la dignità: dobbiamo difenderla e la dà il lavoro".

Un peccato sfruttare la terra. "Il peccato nostro è sfruttare la terra e non lasciare che ci dia quello che ha dentro". Papa Francesco ha risposto così alla denuncia di un giovane contadino (laureato in agraria) riguardo al tema della mancata "custodia" della natura. "Restare a fare il contadino sulla terra non è - ha osservato Bergoglio - rimanere fisso, è fare un dialogo per far diventare la terra feconda per tutti noi".

Diffondere dappertutto la cultura della solidarietà. "Testimoniare la carità", "servendo Dio nel servizio ai fratelli, e diffondendo dappertutto la cultura della solidarietà" dinanzi a "situazioni di precarietà materiale e spirituale, specialmente di fronte alla disoccupazione, una piaga che richiede ogni sforzo e tanto coraggio da parte di tutti", ha detto Francesco durante la Messa. 
Nella Cattedrale di Isernia, il Pontefice ha incontrato gli abitanti della città molisana dicendo: "La Misericordia e la profezia di un mondo nuovo, in cui i beni della terra e del lavoro siano equamente distribuiti e nessuno sia privo del necessario, perché la solidarietà e la condivisione sono la conseguenza concreta della fraternita".