Perché gli amministratori delegati prendono stipendi esorbitanti? La rivista americana Businessweek,
in un articolo dal titolo “The Pay-per-Performance Myth”, il mito della
paga in base al risultato, indaga sulle ragioni che spingono le grandi
aziende a pagare cifre altissime ai loro top manager. La risposta più
frequente, secondo il giornale pubblicato da Bloomberg, è che “la busta paga è legata ai risultati aziendali”. “Ma i dati confermano questa affermazione?”, si interroga l’articolo.
Per rispondere, Businessweek riprende uno studio condotto dal gruppo californiano Equilar, che periodicamente pubblica i dati sui compensi, in merito alla relazione tra ricavi, profitti, redditività delle azioni e retribuzione degli amministratori delegati di duecento grandi aziende statunitensi. Ebbene, secondo lo studio la correlazione tra l’andamento del titolo in Borsa e la retribuzione è bassissima: solo l’1%. Se si prendono in considerazione, poi, gli altri indici di risultato, come i ricavi e la redditività, l’incidenza della performance è ancora più esigua e si avvicina allo zero. Insomma: il 99% delle maxi buste paga “non ha niente a che vedere con la performance dell’azienda”, recita l’articolo. Che conclude notando che se i risultati fossero un elemento determinante dello stipendio le percentuali sarebbero diverse. Solo in quel caso la ‘Pay-per-Performance’ non sarebbe, effettivamente un ‘mito’.
Per rispondere, Businessweek riprende uno studio condotto dal gruppo californiano Equilar, che periodicamente pubblica i dati sui compensi, in merito alla relazione tra ricavi, profitti, redditività delle azioni e retribuzione degli amministratori delegati di duecento grandi aziende statunitensi. Ebbene, secondo lo studio la correlazione tra l’andamento del titolo in Borsa e la retribuzione è bassissima: solo l’1%. Se si prendono in considerazione, poi, gli altri indici di risultato, come i ricavi e la redditività, l’incidenza della performance è ancora più esigua e si avvicina allo zero. Insomma: il 99% delle maxi buste paga “non ha niente a che vedere con la performance dell’azienda”, recita l’articolo. Che conclude notando che se i risultati fossero un elemento determinante dello stipendio le percentuali sarebbero diverse. Solo in quel caso la ‘Pay-per-Performance’ non sarebbe, effettivamente un ‘mito’.