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sabato 11 ottobre 2014

Le politiche Bce senza effetto

Comperi i debiti pubblici eccedenti il 60% del pil 

La riduzione dei tassi è al massimo. 
E i soldi dati alle banche non passano poi alle imprese.
Alla recente conferenza di Napoli, il governatore centrale Mario Draghi ha ribadito l'importanza delle tre operazioni di intervento finanziario della Bce a sostegno del sistema bancario. Si tratta del programma di acquisto di derivati abs, di acquisto di covered bond (obbligazioni bancarie garantite) e il programma Ltro (piani di rifinanziamento bancario a lungo termine).
Come è noto la manovra sul tasso di interesse è ormai esaurita. Di conseguenza, ha aggiunto Draghi, con l'immissione di nuova liquidità il bilancio Bce dovrebbe risalire ai livelli del 2012 quando aveva raggiunto i 3.000 miliardi di euro circa. Il volume potenziale di nuovi acquisti sarebbe intorno a 1.000 miliardi di euro.
Ancora una vota si tratta di interventi a favore del sistema bancario europeo che poi, bontà sua, dovrebbe o potrebbe trasformali in nuove linee di credito per le Pmi e per nuovi investimenti. Questo passaggio «obbligatorio» è giustificato dalla Bce per il fatto che in Europa l'80% del credito transita attraverso il sistema bancario. Secondo noi questo passaggio è invece necessario solo per la salute delle grandi banche, sempre esposte ai rischi di nuove crisi per avere continuato a mantenere certi comportamenti speculativi e poco virtuosi anche dopo il 2008.
Un recente studio indica che, a fine luglio 2014, le 100 banche europee più esposte ai rischi sistemici avevano insieme 810 miliardi di euro in titoli ad alto rischio. Soltanto 5 banche, con la Deutsche Bank in testa, ne detengono il 39%. Le banche di Francia e Gran Bretagna insieme ne detengono il 55%. Il 4 novembre prossimo la Bce inizierà ad attuare la vigilanza diretta sui 120 maggiori gruppi bancari dell'area dell'euro, che rappresentano oltre l'85% delle attività bancarie. Per l'occasione molto probabilmente occorreranno molte «pezze finanziarie» d'appoggio!
Alla prova dei fatti i citati meccanismi finora non sono stati però capaci di mettere in moto una ripresa effettiva ne dell'economia né della domanda aggregata. Infatti, alla fine del 2013, i consumi privati erano del 2% inferiori a quelli del 2007 e gli investimenti privati erano sotto del 20%. Hanno retto soltanto le esportazioni. Nel frattempo, per alcuni paesi europei, il debito pubblico rischia davvero di diventare insostenibile. Nell'euro zona è in media il 95,5% del Pil. Qualora dovesse ancora aumentare, esso sarebbe un fardello pesante che potrebbe frenare e ulteriormente bloccare la ripresa economica. Non si dimentichi che il pagamento degli interessi passivi sul debito sottrae notevoli risorse alle politiche economiche e sociali. Nel 2013 l'Italia ne ha pagato 95 miliardi di euro.
In molte capitali europee però la ristrutturazione del debito pubblico è ancora un tabu in quanto è stata erroneamente e maliziosamente associata ad un presunto aiuto gratuito fatto dai Paesi sedicenti virtuosi a quelli cosiddetti spendaccioni. Noi riteniamo che in una tale situazione la Bce non abbia soltanto l'opzione di aiuto finanziario al sistema bancario. Essa potrebbe per esempio acquistare una parte del debito pubblico, sopra il limite del 60% del Pil indicato dai parametri di Maastricht, e tenerlo congelato al tasso di interesse zero, come indicato nel documento «Politically Acceptable Debt Restructuring in the Eurozone» preparato da economisti dell'International Center for Monetary and Banking Studies (ICMB) di Ginevra. La Bce sarebbe l'unica istituzione capace di mobilitare sufficienti risorse per una tale operazione. Se ad esempio lo si volesse fare per metà del debito pubblico europeo l'ammontare sarebbe di circa 4,5 trilioni di euro.
La Bce dovrebbe prendere in prestito una simile cifra sui mercati finanziari in cambio di sue obbligazioni, oppure creare la liquidità interna necessaria per acquistare i debiti pubblici da ritirare. Ovviamente l'operazione, almeno inizialmente, sarebbe in perdita, in quanto la Bce dovrebbe pagare gli interessi sui nuovi titoli emessi senza ricevere gli interessi dei vecchi titoli del debito pubblico dei vari Stati. Non si genererebbe inflazione in quanto la Bce chiederebbe dei prestiti, oppure la liquidità creata ed usata per l'acquisto dei debiti sarebbe poi «sterilizzata» attraverso l'emissione di obbligazioni Bce. La Bce ha una sua forte credibilità sui mercati. Per cui essa acquisterebbe parte del debito pubblico eccedente la quota del 60% in proporzione allo stock di partecipazione dei singoli Paesi europei al suo capitale. Essi ripagherebbero l'ammontare degli interessi per un periodo indefinito, lasciando nelle casse della Banca centrale il profitto che spetterebbe loro dai proventi di signoraggio che la Bce annualmente dovrebbe distribuire agli Stati. Ciò potrebbe essere sufficiente se l'intereresse sulle nuove obbligazioni emesse dalla Banca centrale fosse contenuto.
Molto probabilmente il costo complessivo di tale operazione della Bce non dovrebbe essere maggiore di quello che attualmente sostiene per finanziare il sistema bancario. In ogni caso, i costi verrebbero progressivamente assorbiti anche attraverso la presumibile crescita economica prodotta dalla capacità delle economie di operare per lo sviluppo in modo meno condizionato dai debiti e dai mercati. La Bce dovrebbe mantenere l'autorità di imporre il vecchio pagamento degli interessi sul debito ad un Paese che intendesse continuare con la pratica del debito facile.
Una simile operazione si combinerebbe perfettamente con il programma annunciato timidamente dal nuovo presidente della Commissione europea, Jean-Claude Junker, di lanciare investimenti pubblici in infrastrutture, modernizzazioni e nuove tecnologie per 300 miliardi di euro in un periodo di 3 anni. Finalmente i governi sarebbero meno dipendenti e pressati dai mercati finanziari mentre i settori dell'economia reale verrebbero stimolati da nuovi investimenti.

rassegna stampa: ITALIA OGGI  11.10.14