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mercoledì 4 maggio 2016

Anche il fondo norvegese contro i maxi stipendi dei manager



Il fondo sovrano alimentato con i proventi del petrolio è uno dei maggiori investitori al mondo. Fino ad ora, la sua presenza in molte aziende è stata "discreta". Ora il cambio di bassa: basta remunerazioni inappropriate

MILANO - Nelle loro torri dorate, i grandi manager dell'economia e della finanza globale probabilmente stanno iniziando a percepire un po' di pressione sulle loro buste paga: il Fondo sovrano norvegese, uno dei maggiori al mondo con i suoi 870 miliardi di dollari di potenza di fuoco (grazie ai proventi dal petrolio), vuole mettere pressione alle società nelle quali è presente perché ci sia maggior attenzione nella distribuzione di bonus e stipendi agli alti dirigenti.

Fino ad ora, il Fondo scandinavo ha assunto una posizione "passiva" nelle società delle quali è diventato azionista; soprattutto in tema di remunerazioni, visto che la situazione scandinava è diversa da quella di Usa o Uk e gli stipendi apicali sono meno pesanti, mentre le differenze con i livelli più bassi molto più sottili. Negli ultimi tempi è diventato più attivo per quanto riguarda le tematiche di governance, cioè la scelta dei componenti del cda. Il cambio di passo che allarga l'attenzione anche ai salari, nota il Financial Times, dovrebbe richiamare l'attenzione di molte le società, visto che la massa di denari a disposizione del fondo potrebbe virtualmente essere azionista all'1,3% di tutte le società quotate del mondo. Quindi il potenziale di pressione, da parte del Fondo, c'è tutto.

Il fatto non è certo isolato. Gli azionisti si stanno mostrando sempre più intransigenti verso gli schemi di remunerazione dei manager. In particolare, il livello d'attenzione si sta sollevando nel Regno Unito. Gli investitori che detengono il capitale di Weir Group, ad esempio, solo la settimana scorsa hanno bocciato il piano di pagamento dei manager con una maggioranza in assemblea del 72%. Lo scorso mese è successa una piccola rivoluzione in Bp, quando la fetta maggiore dell'assemblea ha respinto la porposta di far salire del 20% la paga del ceo Bob Dudley. In quell'occasione, però, il fondo aveva votato in favore. Era stato contrario alla politica di remunerazione di Anglo American, ma sostenendo che ci fosse un problema strutturale visto che sarebbero state assegnate troppe azioni ai manager. Ora, secondo quanto sostiene il numero uno del Fondo, Yngve Slyngstad, al quotidiano della City, l'intendimento è di stoppare ogni proposta di remunerazione che sia a un livello non appropriato. Non più, quindi, solo questioni di forma o strutturali, ma anche di sostanza e quindi di peso dell'assegno.
 
rassegna stampa: la repubblica 2 maggio 2016